PAPA FRANCESCO, PARLA PRETE TORTURATO.
"VICENDA CHIUSA. HO GIÀ CHIARITO CON LUI"

PAPA FRANCESCO, PARLA PRETE TORTURATO. "VICENDA CHIUSA. HO GIÀ CHIARITO CON LUI"
BERLINO -Per me quella una vicenda conclusa. A scriverlo è padre Franz Jalics, uno dei due religiosi arrestati e torturati durante la dittatura argentina di Videla. «Non posso prendere alcuna posizione riguardo al ruolo di Jorge Mario Bergoglio», ha aggiunto riferendosi alle polemiche di questi giorni. «Sono riconciliato con quegli eventi e per me quella vicenda è conclusa». È quanto ha scritto padre Franz Jalics, nato in Ungheria e residente da anni in Germania.

«Dopo la nostra liberazione - scrive in un comunicato pubblicato sulla pagina jesuiten. org Jalics - ho lasciato l'Argentina. Solo anni dopo abbiamo avuto la possibilità di parlare di quegli avvenimenti con padre Bergoglio, che nel frattempo era stato nominato arcivescovo di Buenos Aires. Dopo quel colloquio abbiamo celebrato insieme una messa pubblica e ci siamo abbracciati solennemente».



L'AUGURIO AL PAPA «A papa Francesco - ha concluso Jalics - auguro la ricca benedizione di Dio per il suo ufficio». Nel comunicato Jalics ha però anche ricostruito l'intera vicenda dell'arresto. «Vivevo dal 1957 a Buenos Aires», racconta il religioso e nel 1974, «con il permesso dell'arcivescovo Aramburu e dell'allora padre provinciale Jorge Mario Bergoglio mi sono trasferito con un confratello in una 'favelà». Jalics ricorda poi come durante la dittatura «la giunta militare abbia ucciso in uno, due anni, circa 30mila persone, guerriglieri della sinistra come anche incolpevoli civili. Noi due nella favela non avevamo contatti nè con la giunta nè con la guerriglia. Per la mancanza di informazioni di allora e per false informazioni fornite appositamente la nostra posizione era stata fraintesa anche nella chiesa. In quel periodo abbiamo perso il contatto con uno dei nostri collaboratori laici, che si era unito alla guerriglia. Dopo il suo arresto e il suo interrogatorio da parte dei militari della giunta, avvenuto nove mesi più tardi, quest'ultimi hanno appreso che aveva collaborato con noi. Per questo siamo stati arrestati, con la supposizione che anche noi avessimo a che fare con la guerriglia», si legge nel comunicato. «Dopo un interrogatorio di cinque giorni, l'ufficiale che aveva condotto l'interrogatorio stesso, si è congedato con queste parole: 'Padri, voi non avete colpe e mi impegnerò per farvi tornare nei quartieri poverì. Nonostante quell'impegno restammo incarcerati, per noi inspiegabilmente, per altri cinque mesi, bendati e con le mani legate», ha ricordato il religioso. «A papa Francesco - ha concluso Jalics - auguro la ricca benedizione di Dio per il suo ufficio».
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Ultimo aggiornamento: Venerdì 15 Marzo 2013, 15:06
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