«Non amo che la mia cucina sia chiamata fusion, che per me fa soltanto rima

«Non amo che la mia cucina sia chiamata fusion, che per me fa soltanto rima con confusion. Voglio che nel mio ristorante si possano gustare piatti diversi da qualunque altro locale, che rappresentano la mia storia». Roy Caceres, 39 anni, di origini colombiane, un physique du rôle da giocatore di basket il suo sogno da ragazzo è ora uno chef con la stella Michelin (dal 2012) coccolato e amato dalla critica, che definisce il suo ristorante Metamorfosi come la vera novità dell'alta cucina a Roma. La sua è una storia da favola: arrivato in Italia da Bogotà a 16 anni, invece di giocare in una squadra di pallacanestro (per nostra fortuna) ha incominciato a lavorare come lavapiatti in un albergo di Misurina, vicino a Cortina d'Ampezzo. «Mi sono subito appassionato alla cucina racconta ora Caceres, con il suo vocione simpatico e piano piano ho scalato tutti i gradini delle brigate, da commis, a capo partita a sous chef, per diventare chef con una stella a 29 anni, in Emilia. Poi ho trovato degli imprenditori romani che hanno creduto in me e così ho aperto questo locale a Prati, nel novembre 2010».
Al Metamorfosi si può gustare un ceviche peruviano rivisitato, un risotto con il quale si cammina in un bosco, maccheroni con crostacei, piatti creativi e sorprendenti, sempre equilibrati, con erbette, gelatine, accostamenti di sapori che un po' ricordano il Gianfranco Vissani dei primi tempi, ma con più semplicità. C'è il Sudamerica, con nonno Salomon che faceva il tamal in casa con le foglie di banana, ma c'è anche l'amore per gli ingredienti italiani. «Posso anche metterci sei mesi a trovare la giusta armonia in un piatto, e per i dolci ho l'aiuto di mio fratello Diego e di tutta la brigata, molto internazionale», aggiunge Caceres. Nella ricetta per Leggo ha usato il caffè in un piatto salato: profumo e vivacità che vengono da un aroma nato sulle Blue Mountain della Giamaica. Da provare.
(G.Pad.)
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Ultimo aggiornamento: Martedì 4 Ottobre 2016, 05:00