Bimbi ritrovati sul Monte Livata, parla la mamma Alexia: «Li ho lasciati nel bosco, così li ho salvati»

La mamma dei bimbi ritrovati: «Li ho lasciati nel bosco, così li ho salvati»

di Raffaella Troili
Rifarei quel che ho fatto. Se non me ne andavo non ci avrebbero trovato, non avrei potuto dare aiuto, dire che stavano sotto il Gran Carro, che Nicole aveva perso una moffola, mi stavo ibernando. Col senno di poi gli avrei solo lasciato anche il giaccone, ai bambini».



La montagna attutisce le malignità e Alexia Canestrari ricoverata a Subiaco solo da poco ha capito che la disavventura non è finita, che le critiche hanno preso la rincorsa come certe valanghe. «Pensavo fosse un episodio di montagna, invece ho sentito tante malignità, che avevo litigato con Emanuele e staccato il telefono, quando l’ultimo suo messaggio dice: “Torniamo tra una mezzoretta, pranzettino?”, ed io ero già preoccupata che saremmo arrivati un’ora dopo».



Perché si è allontanata con due bambini di 4 e 5 anni?

«Eravamo scesi per giocare nel parco sotto casa con lo slittino, io indossavo i pantaloni di ecopelle e gli Ugg, non pensavo di andare lontano. Anche perché trascinavo 50 chili in due e affondavo nella neve».



Come mai ha cambiato i programmi per giunta col cellulare spento?

«Erano le 13,30 ricordo che il cellulare stava al 22% di carica ma tanto alle 14 avevamo appuntamento, stavamo tornando quando Manuel ha detto: “Passiamo per il bosco a vedere gli scoiattoli”. Anche mia figlia Nicole insisteva: “Animaletti, animaletti”. Allora ho preso una strada parallela a quella fatta prima, mi sono ritrovata su una vallata bianca e per non cadere nella neve fresca ho seguito le impronte lasciate da un signore con le ciaspole».



C’era ancora il sole, pensava di ritrovare la via di casa?

«Non ci siamo fermati mai, abbiamo fatto una salita faticosa, mangiato neve per resistere. In realtà mi stavo allontanando, trascinando lo slittino sono sbucata alla fine di un monte innevato. A quel punto non potevamo tornare indietro. Ho detto: vado avanti, ci sarà un centro abitato».



I bambini non si lamentavano?

«Erano cotti, ci siamo fermati in quel punto senza neve, saranno state le 17,30. Abbiamo visto gli elicotteri, ci sbracciavamo ma non ci vedevano, eppure lo slittino era giallo fosforescente. C’era un percorso: il sentiero dei pellegrini della Santissima Trinità. Seguivamo le indicazioni, con le strisce rosse o bianche, giocavo con loro a chi vedeva prima le bandierine sugli alberi. Ero stremata».



Buio, gelo, due piccoli da portare in salvo. Un incubo.

«Quei monti non li conosco, speravo in un rifugio, un punto ristoro. A un incrocio c’era un masso, con tre frecce diverse. D’istinto ho scelto quella in pendenza, ci siamo ritrovati su un terreno scosceso. Arrampichiamoci come gattini, andiamo avanti come soldatini, dicevo. Quando abbiamo visto i primi botti di Capodanno, ho pensato che dovevo trovare un riparo».



Perché li ha lasciati soli?

«Si stavano addormentando, Nicole chiedeva “mamma mi fai la camomilla?”, li ho appoggiati su una pietra ovoidale con delle piccole rientranze e tre rami ma cominciavo a non sentire più le gambe, avevo freddo e sonno. Se non mi muovo ora non mi muovo più, ho pensato. A Manuel ho detto: “Vado a cercare aiuto”, a Nicole “vado sopra a vedere meglio dove sta il paesino”. A tutti e due: “Più vi abbracciate, più sentite caldo”. E ho iniziato a correre, sono caduta in una scarpata, appesa a un ramo che si è staccato, ho continuato a scendere. Era passata un’ora e mezza quando ho visto le luci dei carabinieri e iniziato a chiamare aiuto. Non riuscivano a individuarmi, ci siamo venuti incontro. Ho indicato dove avevo lasciato i bimbi, impazzivo al pensiero che qualche animale potesse fargli male. Per fortuna ora la raccontano come un’avventura, anche se ogni volta che mi sentono piangono».



Con la mamma di Manuel si è sentita?

«Lei non mi ha mai parlato. Ma sono serena. I bambini del mio compagno sono i miei figli, mi interessa stiano bene, penso più a loro che ai miei. Ringrazio solo tutti i santi che ho pregato da quando ho capito che si faceva dura».
Ultimo aggiornamento: Martedì 7 Gennaio 2014, 08:12