Sabrina Paravicini e il cancro: «Bisogna essere molto forti per essere malati»

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«Il paradosso di dover essere molto forti per essere malati». Sabrina Paravicini inizia così un altro lungo post di riflessione su Instagram, parlando del cancro contro cui sta combattendo.

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L'attrice e regista lombarda, 49 anni, continua a raccontare i progressi e le terapie a cui deve sottoporsi, offrendo ai follower diversi spunti di riflessione e le sensazioni che le suscita questa non facile battaglia. «Stamattina avevo la TAC, poi la radioterapia e poi la visita dai chirurghi plastici. Mentre aspettavo sono andata a ritirare la mia cartella clinica con l'esame istologico» - ha scritto oggi Sabrina Paravicini - «Arrivo in ospedale alle 8.30. Sono a digiuno. Non posso mangiare per fare l'esame. Ieri sera ho fatto fatica ad addormentarmi, ero nervosa, ero un po' preoccupata, l'ultima (e anche la prima) volta che ho fatto la TAC quando mi hanno infilato l'agocannula mi sono messa a piangere per dieci minuti, mi spingeva da sotto nell'incavo del braccio e non ero riuscita a reggere all'ansia».

Per ovviare al problema, Sabrina Paravicini spiega di aver fatto così: «Così per questa volta mi sono comprata una crema anestetica, questa mattina alle 7.00 l'ho messa sul dorso della mano e sul braccio e ho ricoperto tutto con la pellicola trasparente». Per fortuna, però, l'attrice e regista ha trovato Roberto, il suo infermiere preferito, che le infonde sicurezza ed è capace di metterla a proprio agio. Sabrina Paravicini continua quindi a raccontare: «Cambio espressione, mi sento felice, al sicuro. Entro e porgo il dorso della mano, lui mi controlla e mi dice che la vena della mano è troppo piccola, al massimo si può usare per la risonanza. Certo perchè il mezzo di contrasto della TAC è molto più denso e serve una vena grossa».

L'attrice prosegue il racconto della sua mattinata in ospedale, svelando tanti dettagli della vita di chi sta combattendo contro il cancro: «Allora prende una vena del braccio. "E' dura, ma va bene" "eh lo so.. è dura per la chemio, le brucia" Infila l'ago, quello rosa, che è più piccolo di quello verde, un giorno mi sono fatta spiegare tutti i colori dei vari aghi, il pediatrico è azzurro, è il più piccolo, quello grigio è il più grande. Entro nella stanza, mi sdraio». Il medico spiega a Sabrina Paravicini che sentirà un forte bruciore alla gola, ed è così: «Partiamo. Ecco, il caldo alla gola, brucia anche all'inguine pochi minuti e finisce. Arriva Roberto e mi dice che mi stacca la flebo del mezzo di contrasto perchè ora faremo la parte del cranio».

La bravura e l'umanità di chi assiste e cura i malati può essere un ottimo strumento per lottare. Sabrina Paravicini lo sa e infatti conclude così il suo racconto: «Guardo le sue mani, forti e sicure. Quando tutto finisce lo abbraccio, lui mi sfila l'ago cannula e mi dice "ciao, stai bene cara." Non se sto bene o no, però con un sorriso gli dico "Si starò bene”».
Ultimo aggiornamento: Lunedì 25 Novembre 2019, 19:22
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