Moana, leggenda e misteri. L’ultimo amore nel Salento

Moana, leggenda e misteri. L’ultimo amore nel Salento

di Fabiana PACELLA
La seduzione del mito, il miscuglio di curiosità e mistero che ruota attorno alla figura di Moana Pozzi passa anche dal Salento.
A quasi 22 anni dalla scomparsa della star del porno, Giampaolo Cofano, 50 anni, musicista di Salice Salentino, ultimo fidanzato dell’attrice, ripercorre ricordi e passioni regalando anche nuovi interrogativi a una figura ormai entrata nella leggenda come la Mata Hari del Belpaese.
In vacanza nel Salento, prima di ripartire per Manhattan dove vive e lavora sei mesi l’anno, alla domanda se Moana sia davvero morta Giampaolo risponde facendo spallucce: «Di sicuro posso confermare di averla sentita prima che sparisse, quando era malata chiese di me, ma non riuscii a vederla, il nostro rapporto come coppia era finito nel ’92, ma ci univa un legame solido, un’intesa mista di affetto e ammirazione. Sapevo della malattia al fegato, si sottoponeva a cure che incidevano sul suo peso. L’ultima volta che la vidi era molto dimagrita».
 
 
La loro relazione iniziò a giugno del ’90, Giampaolo, allora 24enne, aveva lasciato Salice per coltivare sogni nella Milano da bere. Prima il lavoro alle Poste poi le comparsate in tv, film e spot, le serate a suonare nei locali con la sua Fender Stratocaster, l’amicizia con Paolo Limiti, un monolocale a San Siro. Erano gli anni dell’Hollywood, dell’Open House e del Nepenta.
«A Milano facevo una vita incredibile – racconta il musicista -. Un giorno dal barbiere, in viale Monza, lessi su “Vanity Fair” che una certa Moana Pozzi figurava tra le dieci donne più desiderate del mondo, era una star negli Usa e io sognavo l’America. Pochi giorni dopo lessi su un giornale locale che si esibiva al Teatrino, decisi di giocare la mia carta: dovevo incontrarla. Farmi paparazzare con lei mi avrebbe portato notorietà e successo, quello che cercavo».
Due gettoni, una cabina: «Chiamai il Teatrino e mi spacciai per giornalista in cerca di un’intervista. Moana alloggiava in un hotel di piazza Fontana, mi precipitai con tre rose rosse costate 9mila lire, avevo una Panda color carta da zucchero incidentata e una grande faccia tosta. Alla reception mi presero per matto, la hall era piena di fasci di fiori e regali per lei, ma chiesi comunque di consegnarle le mie rose e un biglietto: “Sono fuori poggiato all’auto, mi riconoscerai perché sono vestito di nero. Ti aspetto”».
Faccia da canaglia, aspettò. Lei uscì.
«Jeans aderenti, zeppe, maglia bianca a fiorellini scollatissima, capelli legati, occhiali da sole, cellulare e agendina e una borsetta. Mi disse “complimenti” e io spiegai che non mi sarei perso in chiacchiere, dissi che avevo 27 anni, perché lei ne aveva 29». Una chiacchierata in auto, in giro a fare commissioni, la simpatia a prima vista.
«Ci rivedemmo tra lo spettacolo che faceva nel pomeriggio e quello della sera – ricorda Giampaolo Cofano -, andammo a fare compere, bere drink e cenare. Ti catturava. Non le importava che avessi un’auto che cadeva a pezzi, mi raccontò del fidanzato romano, aveva una voce meravigliosa. Pensai di aver svoltato».
La spola tra Roma e Milano di Moana servì ad alimentare quel rapporto nato per gioco. «Andai a prenderla in aeroporto con una spider nera Alfa Romeo, era una donna cinica, sbarazzina, scandalosa, egocentrica, possessiva, gelosa, calcolatrice, spendacciona, unica. A luglio finì la sua storia e iniziò la nostra, dopo una cena allegra, com’era lei».
Biglietti lasciati a Giampaolo nella hall dell’albergo, lettere d’amore, regali, una vita spericolata. «Sono andata a comprare le calze, aspettami nella hall. Torno subito. Ti amo», scriveva l’attrice nei suoi “pizzini” d’amore che il musicista conserva insieme.
«Non l’ho mai amata – confessa il salentino – come un compagno di vita, l’ho anche tradita e lei faceva scenate da matti come quando sua sorella Mima, Baby Pozzi, mi abbracciò quasi per farle dispetto e lei mi buttò addosso tutto quello che le si parava davanti. Quando le proposi un servizio fotografico in abito da sposa grazie a Paolo Limiti tornò dolce come sapeva essere, era talmente tesa che fece fuori 18 pasticcini in un sol colpo».
L’attrice venne anche nel Salento. «Conobbe mia madre, nessuno a Salice capì chi fosse quella donna bellissima – sorride Giampy -. Poi andammo a Gallipoli a fare immersioni subacquee, era una grande sportiva, un fisico da marine tanto che ho sempre pensato che quella dell’attrice fosse una copertura. Allenamenti duri, 30 chilometri di corsa quasi ogni giorno, viaggi all’estero e mille segreti, di alcuni mi parlava, ma diceva spesso che sarebbe voluta andare lontano dove nessuno potesse trovarla, temeva di essere stritolata da un sistema più grande di lei».
Ogni nuovo dettaglio sulla vita di Anna Moana (“la parte più profonda del mare” in lingua hawaiiana) Rosa Pozzi alimenta il dibattito, sul doppio binario di una vita avventurosa e della collaborazione con i servizi di cui spesso si è parlato, condita dalla passione per l’esoterismo. Il brevetto da sub, ad esempio, sarebbe stato conseguito in Israele, con i militari. Ma Cofano nicchia, parla con lo sguardo e i gesti.
Il 15 settembre del ’94 la morte, poi dichiarata due giorni dopo, il 17. «Non l’ho più sentita da quel settembre, ma sul mistero se sia morta o meno preferisco tacere. Ho conosciuto la Moana vera, un’intelligenza superiore, cinica, ma anche generosa, una pedina fondamentale nelle mani giuste. Penso spesso al significato di quelle due date secondo la cabala, di cui era perfetta conoscitrice. Il 15 simboleggia la luna piena e quindi la morte, il 17 è la luna nuova ovvero la rinascita… ».
Morire per rinascere, in qualche modo. Qui o in un’altra dimensione. La somma dei due numeri, casualità o messaggio tra le righe, corrisponde a 33, l’età di Moana al momento della morte.
Ultimo aggiornamento: Domenica 21 Agosto 2016, 17:03
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