Il prof. Fedele: «I dati del Ministero evidenziano le carenze del sistema sanitario»

Il prof. Fedele: «I dati del Ministero evidenziano le carenze del sistema sanitario»
In questi giorni sono usciti i dati dell’indagine sui test sierologici eseguita dal Ministero della Salute e dall’ISTAT che ha determinato il livello di sieroprevalenza in Italia dell’infezione da COVID. Attraverso questi risultati è possibile effettuare una stima del numero totale dei contagiati. I risultati sono sorprendenti.
«Nei mesi scorsi - spiega il professor Francesco Fedele (di Frosinone) Direttore della 1^ Clinica cardiologica del Policlinico Umberto Primo -  infatti, avevo esposto alcune stime secondo le quali il numero dei contagiati era decisamente più elevato rispetto a quello dei pazienti con tampone positivo e, di conseguenza, di come veniva ridimensionata la reale letalità del virus» precisa il professore frusinate.
L’indagine eseguita dal Ministero della Salute e dell’ISTAT è stata avviata il 25 maggio e ha visto per il momento l’esecuzione di 64.600 prelievi, circa la metà dei 150.000 prelievi previsti su un campione di popolazione eterogeneo per sesso, età ed occupazione con lo scopo di dosare l’eventuale presenza di anticorpi anti-COVID, segno di infezione, attuale o pregressa.
«Tramite questa ricerca - prosegue il prof. Fedele -  è strato riscontrato un livello di sieroprevalenza in Italia del 2,5%. Effettuando una stima sulla base di questi valori e considerando una popolazione italiana di 60.300.000, il numero dei soggetti infettati dal virus in Italia sarebbe di 1.500.000, probabilmente sottostimato per la relativa dimensione esigua del campione. Secondo i dati diffusi dalla Protezione Civile, il numero di deceduti in Italia per il virus è di 35.187, la letalità del virus (numero di morti/numero di pazienti con infezione) è quindi del 2,34%, valore nettamente più basso di quello riportato durante il periodo della pandemia».
Simili valori di letalità si riscontrano anche effetuando tale stima per regioni. In Lombardia si attesta al 2,22%: in questa regione infatti il livello stimato di sieroprevalenza del virus è del 7,5%, che determinerebbe un numero di individui infetti pari a 757.500, che rapportato a un numero di 16.829 deceduti porta appunto ad una letalità del 2,22%. Nel Lazio la sieroprevalenza riscontrata è dell’1%, con una stima di 59.000 soggetti infetti, il numero di deceduti nella regione è pari a 865, la letalità stimata è quindi dell’ 1,46%. Infine, nel Veneto, la prevalenza stimata è dell’1,9%, con una stima quindi di 93.300 pazienti infetti, considerando il numero di 2.077 deceduti, la letalità si attesta a 2,22%. Appare quindi evidente come i valori di letalità del virus siano nettamente inferiori ai valori riportati al picco della diffusione del virus, durante il quale venivano riportati valori del 13,8% per l’Italia, del 18% per la Lombardia e del 7% per il Lazio. 
«Questi dati- conclude il prof. Fedele -  evidenziano come gli elevati valori di letalità riscontrati durante il picco dell’epidemia siano stati determinati da un lato dalla elevata concentrazione spazio-temporale dell’epidemia e dall’altra dalla inadeguatezza del nostro Sistema Sanitario che, soprattutto in alcune regioni, non si è rivelato pronto a gestire un numero così elevato di malati».
Ultimo aggiornamento: Venerdì 7 Agosto 2020, 23:48
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