Frosinone, detenuto spara e ferisce tre compagni di cella. La ministra Cartabia ordina un'ispezione

Frosinone, detenuto spara in carcere per un regolamento di conti. L'arma arrivata con un drone

di Pierfederico Pernarella

Un detenuto spara nel carcere di Frosinone, con una pistola che potrebbe essergli arrivata addirittura con un drone: nessuno sarebbe rimasto ferito. Una vicenda che i sindacati della polizia penitenziaria, che l'hanno resa nota, definiscono «gravissima e incredibile»: domani lo stesso capo del Dap, su indicazione della ministra della Giustizia, Marta Cartabia sarà nel carcere di Frosinone per capire come tutto ciò sia potuto succedere. Il detenuto è stato trasferito in un altro penitenziario.

I fatti si sarebbero verificati, ricostruisce Donato Capece, segretario generale del Sappe, nel pomeriggio, quando «un detenuto napoletano di 28 anni, ristretto in Alta Sicurezza per reati connessi alla criminalità organizzata - camorra -, una volta autorizzato ad uscire dalla cella per fare la doccia ha puntato una pistola in faccia al poliziotto penitenziario e si è fatto consegnare le chiavi delle altre celle altrimenti lo avrebbe ammazzato. Poi ha raggiunto le celle di altri detenuti (napoletani e albanesi), che nei giorni scorsi lo avevano minacciato e picchiato, e, dopo avere tentato inutilmente di aprirle, ha sparato all'interno tre colpi di pistola».

In tutto sono stati ciinque i colpi esplosi con quell'arma nei confronti dei 3 detenuti: nessuno di loro è rimasto ferito. Lui è stato trasferito in un altro carcere, gli altri no, anche se si sta valutando la loro posizione.

Secondo Capece, nessuno è stato colpito, ma altre fonti penitenziarie riferiscono di alcuni detenuti leggermente feriti. In ogni caso, dopo gli spari «il detenuto, che possedeva illegalmente anche un telefono cellulare - continua il sindacalista del Sappe - ha chiamato il suo avvocato che lo ha convinto a consegnare la pistola al personale di Polizia Penitenziaria prontamente accorso. Cosa che ha fatto, non prima di ingoiare la sim card del telefonino».

L'arma è stata recapitata con un drone, sulla finestra della sua cella: aveva la matricola abrasa e le telecamere interne hanno immortalato la scena

In serata, da fonti di via Arenula si è appreso che la ministra Marta Cartabia, a fronte della gravità di quanto successo, ha chiesto al capo del Dap, Bernardo Petralia, di annullare gli impegni per la giornata di domani, per andare di persona nel carcere di Frosinone. Domani mattina nel carcere ciociaro arriverà prima il provveditore del Lazio Carmelo Cantone, poi alle 16.00 ci sarà una riunione straordinaria nell'istituto con Petralia e i direttori generali del personale (Massimo Parisi) e dei detenuti.

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 «Solo alcuni giorni fa il Provveditorato,  dopo un incontro con le rappresentanze sindacali - fa sapere Massimo Costantino della Fns la Cisl - aveva previsto l'invio di ulteriuori 12 unità in ambito nazionale, che si aggiungevano ad altre inviate tramite mobilità nazionale. Per la Fns Cisl Lazio occorro interventi urgenti perchè  altrimenti  collassa tutto il sistema penitenziario ed occorrono interventi immediati delle istituzioni ed anche urgentemente una ispezione».

Secondo Leo Beneduci, segretario del sindacato Osapp, «il fatto è di una gravità inaudita e probabilmente solo il caso fortuito non ha portato a più gravi conseguenze».

Duro il commento di Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria: «Mentre attendiamo invano da mesi che la ministra Cartabia batta un colpo, nella casa circondariale di Frosinone i colpi arrivano, ma dalla pistola in possesso di un detenuto verosimilmente introdotta con un drone.

A questo punto, crediamo che serva costituire una vera e propria unità di crisi magari sotto l'egida di Palazzo Chigi» perchè «le carceri sono fuori controllo» e «dal ministero continuano a mostrarsi inermi e inerti».

Dura anche la reazione della Fp Cgil. «Non possiamo accettare - dice Stefano Branchi - una situazione così aberrante, il sistema penitenziario è ormai inevitabilmente compromesso. Carenze organiche, di strumenti, di formazione, di risorse e strutture obsolete sono ormai la punta dell'iceberg che portano ormai a ricadute sempre più frequenti e preoccupanti».

Per Aldo Di Giacomo, segretario generale del Sindacato di Polizia penitenziaria Spp, «il carcere è diventato il luogo di regolamento dei conti a colpi di pistola tra affiliali alla criminalità organizzata. Se non interverranno misure immediate, tra le quali il potenziamento di mezzi e personale, torneremo indietro agli anni bui dei terroristi detenuti». 

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Ultimo aggiornamento: Lunedì 20 Settembre 2021, 15:42
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