Tre traslochi in tre anni, l’ente per la “casa” non ne trova una per sé: l'assurdo caso dell'Ater di Frosinone

Tre traslochi in tre anni, l’ente per la “casa” non ne trova una per sé: l'assurdo caso dell'Ater di Frosinone

di Pierfederico Pernarella

Tre traslochi nel giro di poco più di tre anni. Quasi uno all’anno, per non perdere l’abitudine: prima da viale Marittima in via De Gasperi nell’edificio della Camera Commercio, poi da qui lo sfratto da un giorno all’altro e quindi la sistemazione di fortuna trovata in tutta fretta nel centro commerciale di piazzale Europa. Il tutto mentre da anni si cerca sul mercato, ma con risultati fallimentari, una sede definitiva. Questo perché, tanto per non farsi mancare nulla, il progetto per costruirne una ex novo non si sa nemmeno dove sia finito. 

Davvero non male per un ente, l’Ater, l’azienda dell’edilizia residenziale pubblica, che ha come mission quella di trovare un “tetto” a chi ne ha diritto. Per la propria di sistemazione evidentemente si può attendere, ma la misura ora è colma. I dipendenti, dopo aver pazientato per tutto questo tempo, vogliono delle risposte dall’azienda, perché i disagi cominciano ad essere tanti, troppi, nell’ultima sede trova quella di piazzale Europa, nel centro ex Forum.

La lettera dei sindacati ai vertici dell'azienda

«Ad oggi non è pervenuta alcuna notizia ufficiale sul bando di gara per la ricerca di nuova sede, ma ufficiosamente ci è stato comunicato che non avrebbe prodotto alcun risultato», scrivono i rappresentati sindacali in una nota inviata al direttore generale Alfio Montanari e al commissario straordinario Sergio Cippitelli

Nel frattempo, prosegue la missiva, «numerosi sono i problemi che quotidianamente i dipendenti si trovano a dover risolvere, non ultimo l’allagamento di un appartamento dovuto al costante malfunzionamento della tubazione fognaria con lo sversamento non di acque bianche e il cattivo odore nei luoghi di lavoro». 

Inconvenienti maleodoranti a parte, i problemi sono altri e impediscono, sostengono i sindacati, di attuare le misure di prevenzione sui luoghi di lavoro: «A partire dalla mancanza di luce solare diretta che obbliga a tenere accede le lampade per l’intera giornata lavorativa. Per alcuni dipendenti non c’è ricambio dell’aria a causa dell’assenza di finestre. E poi c’è il difficile raccordo dei dipendenti dislocati in varie aree del centro commerciale costretti ad attraversare lunghi corridoi venendo in contatto con una moltitudine di persone.

Per non parlare, infine, della ormai inesistente rappresentatività dell’azienda che sembra aver perso ormai la sua identità».

L'ultimatum: «Adesso chiediamo  che venga restituita la dignità di lavoratori»

I dipendenti finora hanno pazientato e compreso le difficoltà dell’azienda costretta a fronteggiare varie emergenze compresa quella del Covid, ma ora il limite sembra essere stato oltrepassato: «Adesso chiediamo con fermezza che venga restituita la dignità di lavoratori attraverso una sede aziendale idonea ed appropriata alle esigenze di un ente che primo fra tutti garantisce il diritto alla casa e che paradossalmente non sembrerebbe in grado di trovarne una per sé».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 19 Ottobre 2020, 16:17
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