Manuel Bortuzzo, l'intervista a Leggo

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Rotonda di Ostia. Stabilimento Shilling. Ore 9,30. Manuel Bortuzzo, 24 anni proprio oggi, si fa avanti spingendo la sua carrozzella sulla quale è costretto a vivere da quel maledetto 3 febbraio del 2019, quando gli spararono per errore mentre stava acquistando delle sigarette ad un distributore automatico. Indossa un giubbotto di pelle, cappellino da baseball, il cellulare sulle gambe e una valanga di tatuaggi.


Perché mi hai dato appuntamento qui?


«Allo Shilling? Io qui ci passo l’estate. È un punto di ritrovo per me e i miei amici. In più riesco ad arrivarci senza problemi, nonostante la carrozzina. È attrezzato bene, a partire dal parcheggio fino alla pedana che mi porta in riva al mare».


Eppure qui vicino, all’Axa in piazza Eschilo, ti hanno sparato cambiandoti per sempre la vita.
«Non ci penso. Ostia mi è sempre piaciuta, potrebbe essere il mare di Roma, potrebbe essere la cosa più bella del mondo ma non è sfruttata appieno, sarebbe molto più bello se fosse attrezzata bene. E magari così i romani d’estate non scapperebbero altrove».


Ci sei mai ripassato in piazza Eschilo?


«Sì. Per colpa di un mio amico una volta ci sono passato anche di notte: stava aspettando una persona, si è accostato con la macchina lì davanti e poi mi ha guardato “Cazzo, Manuel scusami”, mi ha detto (ride, ndr)».


Parli molto dei tuoi amici.


«Ho due amici a cui sono molto legato. Alex, che praticamente vive con me da quando è successo, e Andrea, che lavora qui. Con loro ho condiviso tutto dopo l’incidente. Siamo come fratelli».


Però li hai dovuti lasciar fuori dalla casa del Grande Fratello. Ti sei pentito di aver fatto quest’esperienza?


«Assolutamente no. Perché una situazione come quella non la puoi ricreare nella vita reale. È stata un’avventura che ha portato tanto dentro di me».


E tu cosa pensi di aver lasciato al pubblico?


«Spero di aver lasciato un po’ di normalità d’animo e anche di vista».


Vista? Cioè?


«Vedere un ragazzo sulla sedia a rotelle tutti i giorni in televisione rende la mia condizione più normale. Manuel è un ragazzo come gli altri, lo puoi abbracciare, senza essere impacciato. Ci puoi scherzare o discutere. E se io posso fare determinate azioni quotidiane, lo può fare chiunque».


A proposito di normalità... nella Casa hai avuto una relazione con Lulù, poi il Gf è finito e con lui anche la vostra storia. In che rapporti siete?


«Non l’ho più sentita, ma va bene così. Siamo andati avanti con le nostre vite. Ma se la becco, la saluto».


Ora, quindi, sei single?


«Felicemente single. Adesso ho altri obiettivi e voglio avere la testa libera per dedicarmici. Poi l’amore non si programma, se capita... capita».


Com’è la tua giornata tipo?


«Dopo aver fatto colazione, vado subito in caserma a Tor di Quinto dove mi alleno. Faccio un’ora di palestra e poi un paio di ore in acqua. La mia fortuna è che sono l’unico atleta del mio allenatore. Un allenamento one to one, tra me e lui».


Incontri mai Bebe Vio?


«Certo quasi ogni giorno. Ma non pensate che io e lei stiamo sempre a parlare della nostra situazione. Noi parliamo di gare, vacanze, serate».


Torniamo alla giornata tipo.


«Torno a casa all’Eur, faccio fisioterapia oppure mi metto a studiare pianoforte. Ora con le belle giornate non mancano gli aperitivi con i miei amici. Sono una persona semplice e le cose semplici mi rendono felice».


Il pianoforte è una tua passione?


«Molto. Ho iniziato a suonare la batteria quando avevo 6 anni grazie a un amico d’infanzia. Poi sono passato alla chitarra da autodidatta. Ma dopo l’incidente ho visto un pianoforte e ho subito pensato quanto fosse bello».


Uno dei tuoi cantanti preferiti è Ultimo.


«Sì. Lui è stato carino nei miei confronti, mi ha sempre invitato nel backstage dei suoi live».


Il 22 che hai tatuato sul collo è riferito alla sua canzone?


«Ammazza che occhio, sì. In quella canzone c’è una frase che dice “Io sento una missione e ti giuro che andrò a meta”. Ecco questa frase rappresenta me e Niccolò».


Che altra musica ascolti?


«Passo da Ultimo a band punk rock come i Blink-182, Maneskin o i Sum 41».


Un concerto che vuoi vedere?


«Sono in attesa di quelli di Ultimo quest’estate. Poi, Cian Ducrot che mi piace molto. Piano e voce. Sicuramente andrò a vederlo a Milano».


All’interno della casa del GfVip hai legato molto con Aldo Montano. Siete ancora amici?


«Sì, l’ho sentito giusto poco fa. Si è dovuto trasferire a Livorno e questo rende più difficile potersi vedere frequentemente. Ma ci sentiamo sempre, sempre».


Ti seguiva anche a livello sportivo?


«Lui veniva in palestra e in acqua con me. Mi è stato vicino, poi quando ha visto che avevo preso il via mi ha detto ‘puoi andare da solo ora’. È bellissimo confrontarsi con lui, mi dà sicurezza».


Il tuo rapporto con i social?


«Pubblico spesso ma non posto mai storie in cui parlo con i miei follower, perché mi vergogno».


Arrivano anche insulti?


«Quelli non mancano mai. Quando sei esposto mediaticamente ti devi prendere tutto, anche chi ti commenta senza sapere nulla. Io credo che se una persona non sa nulla può dire quello che vuole perché il valore che tu dai a quel suo pensiero è zero».


Davvero?


«C’è stata gente che mi ha scritto che quel proiettile doveva uccidermi. Ora, per fortuna succede meno. La gente che mi segue adesso mi vuole bene».


Hai una paura?


«No. Ho fatto pure pace con la morte quindi sono sereno».


Come si fa pace con la morte?


«Non hai più paura di morire, perché quando ci vai vicino ti rendi conto che è una cosa che può succedere. Io sono consapevole di questo, quindi da qui fino a quando succederà mi vivrò tutto al massimo. Qui. A Ostia. I miei amici. Però, ora che ci penso, una paura ce l’ho: i ragni».


I ragni?


«Se ne vedo uno svengo. I deficienti dei miei amici mi mandano sempre foto per spaventarmi».


Un sogno?


«Adesso quello di partecipare alle paralimpiadi».


Partecipare o vincere?


«Se sogno in grande, vincere. Ma vado per step, quindi ti dico partecipare».


Quanto ti ha aiutato l’essere sportivo a reagire a quello che ti è successo?


«Tanto. Ero pronto mentalmente, ma anche fisicamente. Cambia solo l’obiettivo finale: ero in clinica e facevo fisioterapia tutti i giorni. Per questo motivo consiglio a tutti di fare sport, perché davvero ti salva la vita. Ti prepara e ti dà disciplina e quella ti serve per sopravvivere».


Se dovessi dare un consiglio al sindaco di Roma?


«Il mio invito è quello di cercare di sfruttare al meglio quello che abbiamo. Immagina se questo fosse un lungomare dove d’estate venisse gente da tutto il mondo... che figata!».


E al premier Meloni?


«L’ho conosciuta. Venne anche lei a trovarmi in clinica nel 2019. Non era così famosa. Fu di poche parole, mi ha solo detto che se avessi avuto bisogno di qualcosa, lei era lì per me. Io non le ho chiesto nulla però ho apprezzato tanto. Le direi di continuare a essere così nel suo lavoro, non smettere mai di essere molto diretta e di continuare a far parlare i fatti».


(hanno collaborato Ida Di Grazia e Marica Di Giovanni)


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