Nitro: «Io, rapper Outsider ma libero» - fotogallery

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E’ nella duplicità del mondo urban, tra rap e rock, che si incontra Nitro. Non centellina parole, che spinge fino all'estremo, e non si risparmia per onestà intellettuale. Fa sua la libertà artistica e la difende, portandola in una dimensione 4.0: così il rapper veneto Nicola Albera, un gigante dagli occhi buoni classe 1993, che ha collezionato dischi di paltino, della crew Machete e con la passione per Kanye West, Kendrick Lamar, Eminem, ritorna sulla scena con il nuovo album, Outsider

 

Ma lei si sente outsider o la fanno sentire outsider?

«Solitamente sono gli altri che ti ci fanno sentire. Solo dopo che cresci, capisci che ciò che ti rende diverso lo devi sfruttare». 

Ci ha titolato il nuovo disco, il quinto della carriera. E ci ha messo la faccia, cucita in copertina con la sua doppia anima. 

«Non so fare quello che fanno gli altri. Sono 14 tracce che raccontano un viaggio, tra rime crude, versi introspettivi e la mia fissa per le parole. Urban, hip pop, rock, tra i produttori ci sono Low Kidd, Mike Defunto e Stabber. Tanti feat. con artisti giovanissimi. “BMW” e “Snakes” sono due brani con ritmi frenetici che ho definito con un termine nuovo, hyper dub. Mi sento sì un outsider, per convenienza e un po’ anche per necessità». 

Perché?

«Perché se non lo faccio io l’outsider, chi lo fa? Non mi gratifica fare il pop che va di moda in Italia, ma non per mancanza di rispetto: mi piace sorprendere con una musica influenzata da vari stili. Consideri che Nitro è l’ascoltatore più complicato da sorprendere». 

Difficile vivere da outsider? 

«A volte, sì. Ma ti dà soddisfazione, perché quando raggiungi un risultato sai di averlo ottenuto con le tue sole forze, e non devi dire grazie a nessuno». 

Pregi dell’esserlo? 

«Sono uno che pensa con la propria testa, e non ho paura di farlo». 

E i difetti? 

«Che ti fai un botto di nemici. Sto sulle palle a tanti. Me ne faccio una ragione…, diciamo che resto aperto al confronto (sorride, ndr)». 

La realtà 4.0 di Nitro in “Control”, qual è? 

«Quella dei soldi. Viene dopo l’età del bronzo, del ferro e dell’oro. Se riusciremo a sopravvivere all’estinzione di massa, forse un giorno diventeranno inutili. La ricchezza è in altro».

In cosa?

«Sapere di essere nel posto dove si vuole essere, per esempio». 

E lei lo è?

«Adesso sì. Ho la famiglia, gli amici, la mia compagna, faccio tour e la gente mi apprezza per quello che sono. Non c’è motivo per cui io vorrei essere altrove». 

E nel passato?

«Sì, negli ultimi anni mi sono sentito fuori posto, a casa mia. Dopo il lockdown mi sono chiuso per altri sette mesi, senza uno scopo, come fossi in prigionia». 

Come ne è uscito? 

«Mettendoci una toppa sopra, con il nuovo album. Ho sfogato la rabbia che avevo, mi sono frantumato in mille pezzi per ricostruirmi. Ero arrabbiato con l’impotenza. Lacrime, sudore e sangue su GarbAge (il penultimo album, nel 2020, ndr) non erano bastate. Sono sceso a compromessi, pubblicando il disco tre giorni prima della pandemia, e (per giusti motivi) non ha avuto l’attenzione che meritava». 

“Donna contro uomo”, “bianco contro nero”, “boomer contro zoomer”, “sbirro contro pusher”: lei da che parte sta?

«Dalla parte mia e di nessun altro. Quando li metto nei testi, non giudico l’individuo, semmai giudico il sistema».  

E ancora, ”Puttane, politici e polizia” e poi parla pure di “Jihad”. E’ sempre il sistema?

«E’ il rap, farcito di queste parole. Sono categorie di persone con cui non vado molto d’accordo. Come la favola di Red e Toby: niente contro, ma io sono la volpe e tu il cane. Siamo nati su due dimensioni opposte, non ti giudico ma non posso stare a cena con te». 

Riesce a mettere l’arte davanti all’ego?

«Sì, per fortuna». 

E come fa? 

«Ricordandomi che sono un povero stronzo e che si dimenticheranno di me, nonostante io stia facendo cose importanti. Soffro della sindrome dell’impostore: ci dimenticheremo di tutti, pure di chi è molto più geniale di noi». 

Le dicevano “fallito freestyler”, perché?

«Perché alla gente piace usare questo termine, ma aveva ragione. Prima di qualsiasi successo, c’è una sfilza di fallimenti. Non si vedono sempre, perché li copriamo con le paillettes del successo stesso, ma ci siamo passati tutti. Io per primo, penso di avere avuto delle occasioni in cui avrei potuto fare molto meglio». 

Una? 

«Quando nel 2018 ho pubblicato “No Comment”. Vivevo un periodo turbolento e autodistruttivo: bevevo molto, facevo uso di sostanze. Quel disco era nebbioso come lo era la mia testa. Con il tempo, ti ripeti che quelle stronzate te le potevi risparmiare e ascoltandolo oggi, mi rendo conto di come il me che scrive sia più saggio del me che vive. Le soluzioni agli sbagli erano già dentro le canzoni, come se fosse l’io interiore a mettere giù i testi. In “Paranoia” sono i demoni, fantasmi, sensi di colpa, scheletri nell’armadio». 

Sintetizzando, non si sente pienamente libero. 

«No, la libertà la pretendo e chi lavora con me sa che è facile andare allo scontro. Non mi piacciono le cose pre schematizzate, soprattutto nell’arte e nella creatività. E soprattutto non credo che se una strategia va bene per un artista, debba funzionare anche per me. Ogni percorso è diverso».

D’altronde, lo dice chiaro che non ama il “Sissignore!”

«E ne vado fiero». 

In “Anyway”: quanta gente vorrebbe che io sparissi. A chi si riferisce?

«Qualcuno c’è, e uno lo rispetto molto. Ma niente nome, sarebbe uno scandalo non indifferente». 

E allora faccia i nomi di chi invita a tornare a fare le hit dell’estate. 

«Basta guardare i primi posti in classifica. Semmai capiterà, lo dirò loro in faccia. Il senso era che con il mainstream, come alcuni rapper vanno verso il pop, capita anche viceversa: li accogliamo a braccia aperte, ma non è casa loro». 

In Outsider ha preso alla lettera le parole di Salmo e, a parte Ernia, ha scelto come feat artisti molto giovani. 

«Credo sia giusto dare loro delle opportunità. Sally Cruz (“Paranoia”), FreshMula, Il Ghost (“Full immersione”) e Kid Yugi (“Fangoria”), che mi ricorda me da piccolo». 

E lei come era? 

«Incazzato, cattivo e innovativo».

Faceva impazzire i suoi genitori? 

«Con loro ero bravo e diligente. Meritano solo rispetto e stima, e non smetterò mai di ringraziarli per i tanti sacrifici che hanno fatto per me». 

In che rapporto è Nitro con la wave? 

«Nitro è la wave. Scelgo io quando salire o scendere, in base a cosa mi piace o non mi piace fare». 

E con l’Ariston, visto lo mette nel testo?

«Apprezzo che si dia spazio ai rapper, anche se penso che è una cosa che a Sanremo conviene fare adesso». 

Sul palco quest’anno c’erano due suoi amici, Lazza e Rosa Chemical. L’ha visto il Festival

«Sì, e l’ho vissuto come un bellissimo film con un finale triste. Lazza doveva arrivare primo:  poteva essere la volta buona che la vittoria di un rapper convinceva il più vecchio brontolone e testardo come me ad andare a Sanremo. E invece, ha riconfermato tutto quello che pensavo». 

Quindi non andrà? 

«Il mio sogno da piccolo era suonare a Woodstock e non a Sanremo. Ma se capita e mi andrà di farlo…». 

La politica ha criticato i testi rap che parlano di droga.

«Penso dovrebbe essere l’ultima preoccupazione per la politica, i problemi sono altri e più grandi di questi, ma forse ha bisogno pure la politica di hype. Credo che i testi dei rapper siano come quelli di uno che fa il comico: vanno contestualizzati» 

Il rap è stato anche di paesi in cui viene messo al bando. 

«Ed è una vergogna, un abominio e mi disgusta vivere nello stesso mondo. In Russia, in Iran… Non siamo costretti a fare critica sociale, ma in questi casi sarebbe cosa giusta». 

Quanta fame ha di fare musica?
«Per ora ho tanta fame di felicità. L’arte ha la dimensione gioco di un bambino, e io oggi sono come un bambino: ho bisogno di giocare per sentirmi giovane e vivo». 

Beh, a 30 anni, giovane lo è. “Non odiarti se sbagli”: lei si è mai odiato quando ha sbagliato?

«Sì, sono molto cattivo con me, e a volte me lo merito». 

Si è perdonato?

«No, per nulla». 

Il perdono esiste. 

«E io lo concedo agli altri. Perdonare me stesso è difficile. Ma ci proverò».

 

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Ecco le date live di Nitro di "OUTSIDER SUMMER TOUR” comunicate fino a oggi: 

 

1 GIUGNO - BASTIA UMBRA (PG) - CHROMA FESTIVAL

17 GIUGNO - CALANCHI DEL CANNIZZOLA (EN) - FESTIVAL DEI CALANCHI

24 GIUGNO - PADOVA - SHERWOOD FESTIVAL 

25 GIUGNO - BOLOGNA - OLTRE FESTIVAL 

29 GIUGNO - FIRENZE - VIPER SUMMER FESTIVAL

7 LUGLIO - LEGNANO (MI) - RUBGY SOUND FESTIVAL

30 LUGLIO - BELLARIA IGEA MARINA (RN) - OLTRE A MARE

3 AGOSTO - GALLIPOLI (LE) - SOTTOSOPRA FEST

11 AGOSTO - BRESCIA - RADIO ONDA D’URTO 

2 SETTEMBRE - ALTAMURA (BA) - WALLRIDE FESTIVAL

 


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