I bambini nella pancia sorridono se la mamma mangia carote e fanno una smorfia se mangia il cavolo

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Con le carote scappa un sorriso, con il cavolo nero una smorfia di disgusto. Chi è che ha un senso del gusto così netto? La risposta può sembrare incredibile per alcuni: si tratta dei bambini ancora nel grembo materno. Lo ha provato uno studio realizzato grazie a ecografie in 4D che hanno svelato le espressioni facciali dei feti in reazione a cosa mangiava la mamma.

 

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Lo studio è stato condotto presso il Fetal and Neonatal Research Lab della Durham University e pubblicato sulla rivista Psychological Science. Gli esperti hanno coinvolto nel loro esperimento un gruppo di gestanti dai 18 ai 40 anni ed hanno eseguito delle ecografie in 4 dimensioni a 32 e 26 settimane di gestazione. Una parte delle gestanti doveva ingerire una capsula contenente polvere di carota o polvere di cavolo 20 minuti prima di sottoporsi alla ecografia ed evitare il consumo di qualsiasi cibo nell'ora precedente all'esame. Ebbene, gli esperti hanno visto dal vivo le reazioni del visino del feto al sapore dolce o amaro rispettivamente di carota e cavolo: nel primo caso il feto accennava a un sorriso, nel secondo caso il viso mostrava il disgusto con una espressione da pianto. In un gruppo di controllo che non aveva ingerito le capsule i feti non mostravano alcuna reazione espressiva.

 

 

Si pensa che il feto percepisca il gusto dei cibi mangiati dalla mamma annusando o ingerendo del liquido amniotico. Lo studio è importante non solo per la comprensione di come sviluppiamo il gusto, ma anche perché, «pensiamo che l'esposizione ripetuta a certi sapori prima della nascita possa aiutare a stabilire le preferenze alimentari dopo la nascita, il che potrebbe essere importante per instaurare da subito un'alimentazione sana nel bambino» durante lo svezzamento, sostengono gli autori dello studio. «È stato davvero sorprendente vedere la reazione dei nascituri ai sapori del cavolo o della carota durante le scansioni e condividere questi momenti con i loro genitori», concludono.


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