Mugabe parla in tv ma non si dimette, i suoi rivali: "Ora impeachment"

Mugabe parla in tv ma non si dimette, i suoi rivali: "Ora impeachment"
Il presidente dello Zimbabwe Robert Mubage in un discorso alla nazione non ha annunciato le sue dimissioni, come invece si prevedeva. Il colpo di scena è arrivato al termine di una giornata convulsa nel paese africano. Circondato dai generali, il 93enne presidente, a cui il partito Zanu-PF ha dato tempo fino a domani mattina per lasciare la presidenza - ha parlato per circa venti minuti, ammettendo che le questioni di questi giorni sono state sollevate «in uno spirito di onestà e con preoccupazione profonda e patriottica per la stabilità della nostra nazione ed il benessere del nostro popolo». Ma poi, contrariamente a quanto ci si aspettava, non ha annunciato le dimissioni.

​Secondo Mugabe, l'intervento militare di mercoledì scorso «non equivale ad una minaccia per il nostro apprezzato ordine costituzionale, né è stata una sfida alla mia autorità come capo dello Stato e di governo e neanche come comandante in capo delle Forze di difesa dello Zimbabwe». Il presidente ha poi ammesso che «fallimenti del passato» potrebbero aver provocato rabbia «in alcuni quartieri», rabbia «abbastanza comprensibile». Ma «dobbiamo imparare a perdonare», ha continuato. Durante l'intervento Mugabe ha mostrato tutta la stanchezza dei suoi 93 anni, dei quali 37 passati al potere. Il presidente dello Zimbabwe auspica per il Paese «un ritorno alla normalità» e dice che «non possiamo essere guidati dal rancore». E annuncia che «presiederà il Congresso del partito» Zanu-PF, da cui è stato estromesso oggi, che si terrà a dicembre. «Vi ringrazio e buona notte», ha concluso Mugabe, le cui parole sono seguite da un poco convinto applauso dei generali che gli stavano attorno.

I suoi rivali hanno già annunciato che proseguiranno nel loro tentativo di deporre Mugabe. Il ​presidente dell'associazione dei veterani di guerra in Zimbabwe, Chris Mutsvangwa, ha annunciato che «la procedura per l'impeachment andrà avanti domani».

La giornata era iniziata con la decisione di espellere Mugabe dal partito di governo Zanu-PF sostituendolo con il vicepresidente Emmerson Mnangagwa, che sarà il candidato alle presidenziali del 2018. Mugabe ha incontrato anche i militari che chiedono le sue dimissioni. Con loro avrebbe trattato le condizioni della resa, dopo i colloqui di due giorni fa. Nella residenza di Mugabe, ai domiciliari, c'è il capo delle forze armate Constantino Chiwenga.

Ieri intanto decine di migliaia di persone sono scese per le strade di Harare per celebrare la fine dell'era di Mugabe, al potere da quasi 40 anni. Più che un corteo o una manifestazione, si è trattato di una grande festa, al grido di «Mugabe vattene». Nel colpo di stato «al rallentatore» che sta cambiando lo Zimbabwe dopo 37 anni di potere, dopo l'intervento dei militari è stato il giorno della piazza. Tanta gente. I media parlano di «decine di migliaia» di persone. Ma l'impressione è che possa essere stato superato il milione, sebbene le stime siano difficili dato la manifestazione si è sviluppata in più punti della metropoli dell'Africa australe.

Il raduno era dichiaratamente appoggiato dai militari che stanno cercando di far dimettere Mugabe volontariamente per non violare la costituzione e mettersi quindi in attrito con i paesi vicini.
Come ha riferito un suo parente-ministro, Mugabe però non cede e «intende morire» piuttosto che dimettersi. Fra gli slogan più ricorrenti perchè urlati, cantati, scritti su cartelli sono stati «Mugabe must go», deve andarsene, e «No alla dinastia Mugabe», con riferimento all'ormai fallito piano del 93enne presidente di piazzare la moglie Grace al potere dopo di lui, nonostante la sua ex-segretaria fosse stata politicamente insignificante fino a poco tempo fa. Tanto è l'odio covato per Mugabe, che i manifestanti hanno addirittura inneggiato ai militari e al loro capo, Constantino Chiwenga («vai vai, nostro generale») e hanno fatto sventolare bandiere ai soldati sui blindati. La tv, quella di Stato fino a questa settimana mero megafono di regime, ha annunciato che il paese «è liberato». Sono state strappate immagini di Mugabe e staccati cartelli stradali col suo nome, ma la festosa iconoclastia non è degenerata in saccheggio né in assalto agli uffici presidenziali (davanti ai quali c'è stato un sit-in) o alla sua residenza privata, la lussuosa «Casa blu». Intanto il comitato centrale del partito di governo, la Zanu-Pf, ha deciso di rimuovere Mugabe e reintegrare il vicepresidente, quel silurato «coccodrillo» Emmerson Mnangagwa la cui rimozione ha fatto scattare il primo golpe dello Zimbabwe.

Ultimo aggiornamento: Domenica 19 Novembre 2017, 21:18
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