Alfie Evans, una malattia irreversibile: ma è impossibile dire quanto potrà sopravvivere

Alfie Evans, una malattia irreversibile: ma è impossibile dire quanto potrà sopravvivere
Una patologia neurodegenerativa «irreversibile ma, al momento, è impossibile dire quanto il bimbo potrà sopravvivere». Così Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell'Ospedale Bambino Gesù, descrive le condizioni del piccolo Alfie, sottolineando come l'obiettivo «dovrebbe essere quello di accompagnare il piccolo nell'iter naturale della malattia garantendogli sempre, però, nutrizione e idratazione, e senza farlo soffrire».

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La patologia di cui soffre Alfie - il bimbo inglese di 23 mesi al quale è stata concessa la cittadinanza italiana e per il quale i genitori chiedono il trasferimento in Italia contro la decisione dell'Ospedale di Liverpool di staccare il respiratore - è definita encefalopatia epilettogena o malattia neurodegenerativa del gruppo delle epilessie miocloniche progressive. Si tratta, spiega Dallapiccola, di un gruppo di malattie «collegate a mutazioni genetiche, che possono avere varie forme di gravità ma che implicano comunque un processo cerebrale degenerativo, cui si associano manifestazioni epilettico-convulsive, dovute appunto all'alterazione delle strutture cerebrali, e manifestazioni da mioclono, ovvero brevi e involontarie contrazioni di muscoli. L'evoluzione può variare, ma si tratta comunque di malattie progressive sempre più gravi, fino al decesso del paziente».



Ad oggi non esistono terapie che possano migliorare lo stato dei malati e l'esordio della patologia, rara ed ereditaria, si ha generalmente nell'infanzia. Nel caso di Alfie, sottolinea Dallapiccola, «sulla base delle informazioni che abbiamo, il danno cerebrale è irreversibile ma è impossibile dire quanto il bambino potrà vivere. Per questo siamo convinti che l'obiettivo non possa essere quello di 'staccare la spinà, bensì debba essere quello di accompagnare il piccolo in quella che sarà l'inevitabile evoluzione della patologia, garantendogli però nutrizione, idratazione e assenza di sofferenza». Questo significa, chiarisce l'esperto, che «gli interventi che potrebbero essere messi in atto, se Alfie fosse trasferito al Bambino Gesù, non potrebbero guarire il piccolo ma sicuramente potrebbero garantirgli una migliore condizione».

I medici dell'Ospedale della Santa Sede si erano già recati a Liverpool nei mesi scorsi per effettuare una consulenza relativa alle condizioni di Alfie.
Secondo i medici italiani, conferma il direttore scientifico del Bambino Gesù, sarebbe dunque possibile, pur considerando l'irreversibilità della patologia, proseguire un iter diagnostico ed è stato da loro proposto un piano terapeutico che potrebbe prevedere una tracheostomia (a supporto della funzione di ventilazione-respirazione) ed una gastrostomia endoscopica percutanea, detta anche PEG (per un supporto alimentare tramite nutrizione enterale).

Ultimo aggiornamento: Martedì 24 Aprile 2018, 18:49
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