Ucraina, un'intera famiglia sterminata durante la fuga: «Colpiti di proposito da una bomba russa»

Le truppe russe non hanno pietà dei civili in fuga: l'ombra della crudeltà dei soldati ceceni e la testimonianza del fotoreporter

Un'intera famiglia sterminata durante la fuga: «Colpiti di proposito da una bomba russa»

Stavano cercando di fuggire da Irpin, piccolo centro a Nord-Ovest di Kiev, quando sono stati colpiti in pieno da una bomba sparata dai russi. E un fotografo del New York Times, che si trovava a poca distanza, ha osservato la scena della tragica morte di un'intera famiglia. Tatiana aveva 43 anni, i figli Miketa e Alisa rispettivamente 18 e 9. Accanto a loro, un altro uomo, il 27enne Anatoly. Forse un parente, forse un altro disperato che ha condiviso con loro la tragica sorte.

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Andriy Dubchak, fotografo che collabora anche con il New York Times, ha visto morire quella famiglia per un colpo di mortaio sparato dai russi. «Stavo facendo foto e video ai profughi che cercavano di scappare, ero con altri colleghi e quando abbiamo sentito colpi di mitragliatrice abbiamo cercato di allontanarci» - spiega il fotografo - «A un certo punto è stato chiaro che i russi, a distanza, avevano visto i profughi che cercavano di scappare. C'erano centinaia di donne, bambini, anziani, malati, aiutati dai volontari. E poi è arrivata la bomba».

L'esplosione, avvenuta domenica mattina davanti ad una chiesa, è stata ripresa anche da un video realizzato dal fotoreporter. Che stava filmando e ha registrato tutto per caso, rimanendo anch'egli leggermente ferito da una scheggia che lo ha raggiunto alla caviglia. «C'era solo polvere, urla e richieste d'aiuto. Appena la polvere si è diradata, ho visto quei corpi sull'asfalto. I due fratelli sono morti sul colpo, la madre era incosciente ma aveva ancora il polso quando li ho raggiunti di corsa. Poi è morta poco dopo» - racconta ancora Andriy Dubchak - «I profughi stanno scappando lungo strade distrutte, in mezzo ai detriti, o percorrendo tragitti che non conoscono. E i russi giocano come il gatto col topo. A lunghi momenti di calma seguono secondi di fuoco».

 
 

Subito dopo aver notato i corpi di quella famiglia, Andriy Dubchak non sapeva chi fossero.

Ma lo ha scoperto qualche ora dopo. «Ho postato le loro immagini sui social locali e poche ore dopo, mi ha contattato la madrina dei bambini. Ho così scoperto che sono una famiglia di Donetsk, che si era trasferita a Irpin dopo l'inizio del conflitto tra Ucraina e Russia nel 2014. Mi ha chiesto come sono morti, voleva sapere se avessero sofferto: è stato straziante» - racconta il fotografo - «Tatiana e i suoi due figli stavano cercando di raggiungerla in un bunker, ora la donna dovrà recuperare i corpi che si trovano all'obitorio centrale di Kiev. Tra di loro, faranno il funerale: a Kiev c'è una nutrita comunità di sfollati da Donetsk. Non dimenticherò mai l'immagine di quei due fratelli, uno aveva il viso insanguinato. E l'altro morto aveva le arterie inguinali recise».

 

Il dramma della fuga degli ucraini dalle zone di guerra continua senza sosta. Chi non viene ucciso subito, rischia di rimanere abbandonato in strada, ancora ferito. C'è chi muore per le ferite riportate, chi per il freddo, chi per lo stremo delle forze. Andriy Dubchak spiega che nessuno si fida dei soldati russi: «La gente fa di tutto per scappare, non sappiamo se le truppe russe aiutano o curano i feriti. Nella migliore delle ipotesi, se va bene, lasciano che la gente fugga». Il terrore tra i profughi ucraini è anche l'orgine dei soldati russi a Bucha, che sarebbero di origine cecena e tristemente noti per la loro crudeltà. Una cosa è certa: le truppe russe non sembrano avere alcuna pietà. «Dopo il mortaio, i colpi hanno continuato a cadere fitti. Tornando, ho dovuto gettarmi a terra almeno sette volte e mi sono riparato due volte nelle case abbandonate», spiega ancora il fotografo.


Ultimo aggiornamento: Martedì 8 Marzo 2022, 15:30
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