Referendum in Catalogna, gli elettori occupano i seggi. Giudice chiude il sito per il voto elettronico

Referendum in Catalogna, gli elettori occupano i seggi. Giudice chiude il sito per il voto elettronico
Prima i trattori in strada a Barcellona, poi le scuole sede dei seggi occupate. E cresce la protesta dei catalani in vista del referendum di domenica. Nel frattempo, le autorità spagnole hanno chiuso lo spazio aereo a elicotteri e ultraleggeri per impedire che siano prese foto dall'altro di eventuali manifestazioni che dovessero tenersi nelle prossime ore a Barcellona, in coincidenza con il referendum sull'indipendenza della Catalogna. L'aviazione civile spagnola, secondo quanto riferito da El Mundo, ha disposto questa restrizione fino a lunedì 2 ottobre.





GIUDICE ORDINA CHIUSURA SITO E-VOTO 'GOVERN' Un giudice spagnolo ha ordinato questa sera la chiusura del sito di e-voto elettronico del 'Govern' catalano per evitare che possa essere usato come alternativa domenica al voto nei seggi. Efe riferisce che la decisione è stata presa in base a una informativa dell'inchiesta 'segretà condotta dalla Guardia Civil spagnola, con materiale ottenuto durante il blitz nelle sedi del governo catalano del 20 settembre, che aveva portato all'arresto di 14 dirigenti dell'amministrazione.





PRIME OCCUPAZIONI PACIFICHE DEI SEGGI All'appello delle due grandi organizzazioni indipendentiste della società civile catalana, Anc e Omnium, gruppi di cittadini hanno iniziato a occupare pacificamente alcuni seggi del referendum di domenica per evitare che vengano chiusi dalla polizia. I Mossos d'Esquadra, la polizia catalana, è intervenuta pure pacificamente in alcune scuole, riferisce la tv pubblica Tv3, per chiudere i cancelli ed evitare nuovi ingressi.






DOMENICA L'INCOGNITA DEL REFERENDUM Domenica il governo autonomo di Barcellona cercherà di celebrare il referendum sull'indipendenza, malgrado Madrid voglia impedirlo ritenendolo illegale. Al momento è impossibile prevedere cosa accadrà. Anche se la Generalitat catalana afferma che il voto si svolgerà regolarmente, molti osservatori pensano che in queste condizioni non potrà che esservi una forma di manifestazione indipendentista, un simulacro di elezione. Ma come si è giunti al muro contro muro fra Barcellona e Madrid? La Spagna democratica ha ristabilito nel 1978 l'autonomia della Generalitat catalana, che era stata abolita durante il franchismo, quando anche parlare catalano era proibito.


 
 


Nel 2006 il parlamento di Madrid e quello di Barcellona hanno concordato un nuovo statuto di autonomia della Catalogna, ma nel 2010 il tribunale Costituzionale spagnolo ha abolito 14 dei 223 articoli «in nome dell'indissolubilità della Spagna». In particolare vengono respinti l'espressione «nazionalità catalana» e l'uso del catalano come lingua dell'amministrazione. Il pronunciamento della Corte viene vissuto come una umiliazione da molti nazionalisti catalani e si unisce al risentimento per le misure di austerità varate dal governo conservatore di Mariano Rajoy. L'11 settembre 2012, giorno della festa nazionale catalana, oltre un milione di persone scende in piazza a Barcellona a favore dell'indipendenza. Pochi giorni dopo, il governo Rajoy respinge la richiesta di maggiore autonomia fiscale presentata dal presidente della Generalitat, Artur Mas.





Due anni dopo, il 9 novembre, Mas organizza un referendum simbolico sull'indipendenza, che Madrid considera illegale. Sui 5,7 milioni di elettori catalani, vanno a votare poco più di due milioni, con un 80% di Si. Alle elezioni dell'anno seguente, la coalizione secessionista Junt pel Si guidata da Mas è il primo partito, ma non ottiene la maggioranza assoluta. Dopo mesi di negoziati, il piccolo partito secessionista e anti capitalista Cup accetta di sostenere il governo. Mas deve però fare un passo indietro e viene sostituito dall'attuale presidente della Generalitat Carles Puigdemont. Unito dall'obiettivo secessionista il governo catalano procede deciso su questo obiettivo. La società catalana è però profondamente divisa. I partiti secessionisti, pur avendo la maggior parte dei seggi hanno ottenuto in totale solo il 47,8% dei suffragi alle elezioni. Se il campo secessionista è molto attivo, i sondaggi segnalano però una maggioranza silenziosa di contrari. Un rilevamento effettuato dal governo regionale in luglio registrava un 49% di contrari e un 41,1% di favorevoli alla secessione. Il 9 giugno, Puigdemont convoca il referendum per il primo ottobre. Neanche l'emergenza dell'attentato di Barcellona in agosto ferma la tabella di marcia secessionista. Il 6 settembre il parlamento catalano approva la legge quadro sulla consultazione, mentre i partiti anti indipendentisti abbandonano l'aula per protesta. Puigdemont firma la convocazione del referendum, che viene sospeso il giorno successivo dalla Corte costituzionale spagnola.





Il governo spagnolo ha sempre mantenuto una linea di totale contrasto all'indipendenza, contro la quale sono schierati anche i socialisti del Psoe e il partito anticasta Ciudadanos del catalano Albert Rivera. E negli ultimi giorni ha portato avanti questa linea con altrettanta determinazione dei secessionisti, sequestrando le schede elettorali, facendo arrestare i funzionari e imponendo alle forze dell'ordine locali di chiudere i seggi. Domenica si vedrà fino a che punto Madrid è disposta ad usare la mano dura contro il voto e quante persone riuscirà a portare alle urne il governo catalano, sostenuto dalle associazioni civiche secessioniste. E lo scenario è anche aperto a partire da lunedì. La legge quadro approvata dal parlamento di Barcellona non ha fissato un quorum per il voto e stabilisce che se i Si saranno in maggioranza l'indipendenza verrà proclamata entro 48 ore.



Ultimo aggiornamento: Sabato 30 Settembre 2017, 08:39
© RIPRODUZIONE RISERVATA