Silvia Romano rapita in Kenia, un testimone: «Volevano riscatto lampo. Lei urlava 'aiutatemi' e piangeva»

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Continuano le indagini sul rapimento di Silvia Romano, la volontaria italiana di 23 anni sequestrata in Kenya. Secondo la testimonianza di James, un ragazzo nigeriano che studia grazie alla Onlus per cui lavora Silvia, che è stato testimone del rapimento, i suoi rapitori volevano un riscatto lampo, ma lei non aveva soldi e nemmeno il cellulare.

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«Qualcuno di loro voleva lasciarla libera, ma gli altri hanno detto di no - ha detto James nel suo racconto - Abbiamo inseguito quegli uomini, ma ci hanno sparato». «Silvia piangeva disperata, urlava ‘aiutatemi’ ma quegli uomini armati la trascinavano via - aggiunge - Erano in quattro, noi avevamo solo i coltelli, loro sparavano per tenerci lontani». Secondo testimoni oculari, i rapitori avrebbero intimato a Silvia di chiamare in Italia e di farsi mandare dei soldi per il riscatto, ma lei era senza telefono (rimasto in casa) e non aveva denaro con sé. Uno di loro parlava inglese traducendo agli altri: quando hanno capito di non poter avere subito i soldi hanno pensato di liberarla, ma alcuni si sarebbero rifiutati, dicendo «allora che lo abbiamo fatto a fare?».



Secondo il ragazzo, i rapitori non erano né estremisti islamici né Shabaab somali:
«​Potevano fare tranquillamente una strage uccidendo chiunque - spiega - La gran parte degli abitanti si trovava nella guest house di fronte alla struttura. Bastava tirare una bomba lì». James ha detto anche che Chakama è un posto tranquillo che da anni non registrava episodi di violenza.
Per questo, secondo i residenti, questo gruppo di criminali ha scelto di colpire lì, dove non c’è nulla se non il poco messo in piedi dalle Ong, e senza alcuna presenza militare o di polizia.

Ultimo aggiornamento: Martedì 27 Novembre 2018, 19:02
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