Russiagate: c'è anche Alan Friedman in "black operation" contro Timoshenko e Clinton

Russiagate: c'è anche Alan Friedman in "black operation" contro Timoshenko e Clinton
Il lobbista Paul Manafort, l'ex capo della campagna di Trump incriminato nel Russiagate, autorizzò nel 2011 una serie di operazioni mediatiche segrete per conto dell'allora presidente ucraino Viktor Ianukovich per infangare la sua rivale Iulia Timoshenko e la sua sostenitrice Hillary Clinton, all'epoca segretario di stato Usa. Una campagna, rivela il Guardian sulla base di documenti, nella quale ebbe un ruolo chiave anche Alan Friedman, l'ex giornalista del Wsj e del Ft popolarissimo in Italia, dove ha lavorato a lungo e dove è basato.

Friedman, autore anche della biografia autorizzata di Silvio Berlusconi, avrebbe proposto a Manafort una «digital roadmap» per attaccare la Timoshenko tramite video anche anonimi, articoli e social media. La «black op» (operazione segreta) prevedeva anche la modifica delle pagine di Wikipedia per sottolineare la corruzione della Timoshenko e il suo processo. Manafort fu ricompensato con decine di milioni di dollari da Ianukovich per la sua attività di lobbista (non dichiarato).

La Fbc Media di Friedman invece fu pagata circa 130 mila dollari ogni tre mesi. Faceva parte di questa strategia anche un falso think tank a Vienna per diffondere punti di vista a sostegno di Ianukovich. Contattato dal Guardian, Friedman ha confermato di aver lavorato per l'Ucraina ma per un «progetto di pubbliche relazioni e profilatura del paese» che «non era un piano segreto».

L'obiettivo era quello di favorire il dialogo tra Kiev e Bruxelles, ha sostenuto il giornalista, precisando di non essersi mai registrato come lobbista in Usa «perchè non lo sono mai stato». Secondo il Guardian, nel progetto erano coinvolti anche il vice di Manafort, Rick Gates (che sta collaborando con il procuratore speciale del Russiagate), e Konstantin Kilminik, un socio di Manafort che l'Fbi ritiene legato allo spionaggio militare russo (Gru).

La replica. «Ho visto l'articolo pubblicato dal Guardian, e ritengo che contenga infondate illazioni e sottointesi lesivi della mia reputazione».
Lo dice all'Ansa Alan Friedman. «Non ho mai svolto l'attività di lobbista per l'Ucraina - prosegue il giornalista -. La mia ex-società a Londra, la FBC Media, ha lavorato per l'Ucraina, occupandosi di pubbliche relazioni. Il nostro lavoro consisteva in gran parte nel diffondere comunicati contenenti notizie vere, e agire quindi come PR adviser. Il messaggio più importante della campagna consisteva nel mettere in rilievo l'importanza di un avvicinamento dell'Ucraina all'Unione Europea, in particolare attraverso un accordo di libero commercio». 

Ultimo aggiornamento: Giovedì 5 Aprile 2018, 22:36
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