Mahsa Amini «morta per malattia, non per le botte». La versione dei medici iraniani dopo l'autopsia

Secondo la versione ufficiale emanata dalle autorità Mahsa è svenuta e ha perso conoscenza

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C'è un medico legale in Iran che dice che Mahsa Amini non è stata uccisa, non è morta a causa delle percosse e della violenza che la polizia morale le ha usato per punirla perché indossava male il velo islamico che deve coprire la testa e i capelli. Proprio questo l'Iran ha dato in pasto alla stampa: «La morte di Mahsa Amini non è stata causata da un colpo alla testa o ad altri organi vitali». Lo ha riferito l'agenzia di stampa Irna, citando un rapporto di un medico legale iraniano, secondo cui la 22enne è morta per sindrome da insufficienza multiorgano causata da ipossia cerebrale.

La morte di Mahsa, deceduta tre giorni dopo essere stata arrestata a Teheran per aver indossato il velo non correttamente, ha scatenato un'ondata di proteste antigovernative in tutto il Paese. Secondo i familiari della giovane, la ragazza sarebbe morta a causa di un violento colpo alla testa. 

«I risultati dell'esame fisico della salma e dell'autopsia nonché gli esami patologici indicano che la morte della suddetta non è stata causata da colpi alla testa o agli organi vitali», ha dichiarato l'Organizzazione iraniana di medicina legale.

L'Irna sostiene che Mahsa avrebbe subito all'età di otto anni «l'asportazione di un tumore al cervello» in un'operazione le cui conseguenze hanno causato, secondo le conclusioni dell'autopsia, «lo svenimento della 22enne quando era sotto la custodia della "polizia religiosa"».

La versione del medico forense è che Mahsa abbia perso «improvvisamente conoscenza» a causa della patologia che aveva e che le ha causato «un disturbo del ritmo cardiaco e un calo della pressione sanguigna».

Cos'è e cosa fa la polizia religiosa in Iran

La Repubblica islamica dell'Iran prevede un codice di abbiglimento molto rigido per le donne. Le Gasht-e Ershad (pattuglie di guida) sono unità speciali di polizia incaricate di garantire il rispetto della morale islamica e di arrestare le persone che vengono percepite come vestite in modo "improprio".

Secondo la legge iraniana, che si basa sull'interpretazione della Sharia, le donne sono obbligate a coprirsi i capelli con l'hijab (velo) e a indossare abiti lunghi e larghi per non far emergere la propria figura.

Masha Amini aveva presumibilmente alcuni capelli visibili sotto il velo quando è stata arrestata dalla polizia morale a Teheran il 13 settembre. È entrata in coma poco dopo essere collassata in un centro di detenzione ed è morta tre giorni dopo in ospedale. 

In una rara intervista, un ufficiale della polizia morale ha parlato alla BBC, in forma anonima, della sua esperienza. «Ci hanno detto che il motivo per cui lavoriamo per le unità di polizia morale è proteggere le donne», ha detto. «Perché se non si vestono bene, gli uomini potrebbero provocarle e far loro del male».

Ha detto che hanno lavorato in squadre di sei, composte da quattro uomini e due donne, e si sono concentrati sulle aree ad alto traffico pedonale e dove si raduna la folla. «È come se andassimo a caccia», ha detto.

La lotta delle autorità iraniane contro il velo indossato male è iniziata subito dopo la Rivoluzione islamica del 1979.

Sebbene molte donne lo facessero all'epoca, minigonne e capelli scoperti non erano una vista rara per le strade di Teheran prima che lo scià filo-occidentale Mohammad Reza Pahlavi fosse rovesciato. Sua moglie Farah, che spesso indossava abiti occidentali, era considerata un esempio di donna moderna.

A pochi mesi dalla fondazione della Repubblica islamica, le leggi che proteggevano i diritti delle donne stabilite sotto lo scià hanno iniziato a essere abrogate. «Non è successo da un giorno all'altro, è stato un processo graduale», ha detto Mehrangiz Kar, 78 anni, avvocato e attivista per i diritti umani che ha contribuito a organizzare la prima protesta anti-hijab. «Subito dopo la rivoluzione c'erano uomini e donne per le strade che offrivano gratuitamente foulard alle donne avvolti in carta regalo».

Il 7 marzo 1979, il leader della rivoluzione, l'ayatollah Ruhollah Khomeini, decretò che l'hijab sarebbe stato obbligatorio per tutte le donne sul posto di lavoro e che considerava le donne scoperte "nude".

Le donne risposero con una protesta. Più di 100.000 persone, per lo più donne, si radunarono per le strade di Teheran il giorno seguente, la Giornata internazionale della donna. 


Ultimo aggiornamento: Venerdì 7 Ottobre 2022, 15:20
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