«Morto per il troppo lavoro», la sentenza storica condanna la Sony al maxi-risarcimento

«Morto per il troppo lavoro», la sentenza storica condanna la Sony al maxi-risarcimento

Aveva fatto 80 ore di straordinario nei mesi precedenti alla sua morte e oggi, a distanza di tre anni dal decesso, la sentenza parla chiaro: «È deceduto per il troppo lavoro». La storia arriva dagli Emirati Arabi, dove nel 2018 un dipendente dell'area marketing della Sony è morto a causa di un infarto. La Sony, accusata come tante aziende giapponesi di sfruttare al massimo i suoi lavoratori, dovrà ora pagare e risarcire la famiglia.

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 Morto per il troppo lavoro, il caso

L'Ufficio di verifica delle condizioni di lavoro del Giappone, chiamato a esprimersi su questo caso, ha condannato la multinazionale a risarcire la famiglia della vittima stabilendo come causa del decesso il "superlavoro". L'uomo aveva soltanto 40 anni ed era stato assunto a tempo indeterminato nel 2007 a Dubai. Nei tre mesi precedenti aveva lavorato più del previsto e per questo la famiglia ha presentato la richiesta di risarcimento per infortunio sul lavoro.

La battaglia dei parenti è stata vinta soltanto in questi giorni. 

Morto per il troppo lavoro, la replica della Sony

«Preghiamo dal profondo del cuore - ha replicato in un comunicato la Sony - che il nostro collega possa riposare in pace. Prendiamo atto con sincerità del riconoscimento da parte dell'Ufficio di controllo delle condizioni di lavoro e ci impegniamo con la massima serietà nel prevenire gli infortuni sul lavoro e nel controllare le condizioni di salute dei nostri dipendenti».

Morto per il troppo lavoro, i precedenti

Non si tratta di un caso isolato perché in Giappone la morte per superlavoro, il "karoshi", è diffusa e rappresenta un problema sociale. Sono tante le cause fisiche, ma i problemi di salute vengono acuiti dallo stile di vita. 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Marzo 2021, 12:40
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