Minneapolis, arrestato il poliziotto del video choc: «Lui e Floyd si conoscevano già»

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Minnesota Burning è il titolo a caratteri cubitali di qualche giornale. E la città di Minneapolis brucia, in preda all'incontenibile esplosione di rabbia di tante persone scese in strada per dire no al razzismo e alla violenza della polizia. A distanza di ore ancora divampano le fiamme della terza notte di disordini, di guerriglia urbana.

Le proteste per chiedere giustizia per George Floyd, l'afroamericano morto per mano di un poliziotto, si sono ormai trasformate in vera e propria rivolta, spesso degenerata in violenze, saccheggi, atti vandalici. Una situazione che rischia di finire del tutto fuori controllo e che ha richiesto l'intervento della Guardia Nazionale, con cinquecento uomini schierati per evitare il peggio.

Mentre per placare gli animi Derek Chauvin, l'agente che ha provocato la morte di Floyd, è stato arrestato con l'accusa di omicidio colposo. Lo chiamano l'agente killer: nel video shock che ha sconvolto l'America e il mondo intero lo si vede mentre col suo ginocchio preme sul collo di una persona inerme, immobilizzata a terra e che implora di poter respirare. Insieme a tre suoi colleghi Chauvin era stato già licenziato. Ora è sotto indagine dell'Fbi, ma nei suoi confronti non sono stati ancora emessi capi di accusa.

George Floyd e Derek Chauvin si conoscevano ed hanno lavorato insieme per molto tempo come addetti alla sicurezza di un night club. Lo afferma Andrea Jenkins, vicepresidente del consiglio comunale della città, in un tweet ripreso dai media Usa. Una conferma - secondo alcuni media locali - è arrivata anche dal proprietario del locale.



E persino un giornalista afroamericano della Cnn è stato inspiegabilmente arrestato insieme alla sua troupe mentre stava trasmettendo in diretta. Un episodio imbarazzante che ha portato alle scuse delle autorità. Queste ultime lanciano ripetuti e disperati appelli alla calma, anche perchè davanti c'è quello che potrebbe trasformarsi in un weekend di fuoco. Del resto l'attesa che accada qualcosa sul fronte dell'inchiesta si fa sempre più insopportabile, con una comunità intera che si interroga sul perchè nessuno degli ex agenti coinvolti sia ancora stato incriminato. «È il weekend più difficile della nostra storia, il mondo ci sta guardando», implora il governatore dello stato Tim Walz. Mentre Donald Trump viene accusato di gettare benzina sul fuoco: «Se iniziano i saccheggi si inizia a sparare», la controversa frase postata dal presidente americano, subito censurata da Twitter in un braccio di ferro ormai senza esclusione di colpi con la piattaforma social più usata dal tycoon. Di diverso tenore il messaggio di Barack Obama: «Tutto ciò non dovrebbe essere normale nell'America del 2020», scrive l'ex presidente, lanciando un appello perchè si possa finalmente vivere in un Paese «dove eredità come l'intolleranza e il trattamento diseguale tra cittadini non infetti più le nostre istituzioni e i nostri cuori»: questo per Obama il «new normal» a cui bisogna lavorare, un'America senza più razzismo. Intanto la protesta dilaga in tutti gli States.

A New York almeno 70 manifestanti sono stati arrestati dopo una notte di tafferugli a Manhattan. Mentre a Denver durante le proteste si è anche sparato. Colpi di arma da fuoco anche a Louisville, in Kentucky, dove sette persone sono state ferite durante una protesta per l'uccisione in marzo di un'afroamericana, Breonna Taylor, 26 anni, nel corso di una perquisizione da parte di tre agenti bianchi nella sua casa.

L'ARRESTO DEL GIORNALISTA CNN Un giornalista della Cnn, Omar Jimenez, è stato arrestato a Minneapolis insieme alla sua troupe (il producer Bill Kirkos e il fotoreporter Leonel Mendez) durante una diretta nel mezzo delle proteste per la morte del 46enne afroamericano George Floyd, rimasto soffocato durante un fermo di polizia. Una storia che continua a far discutere e che ha provocato finora tre giorni di dure proteste e scontri non solo nella città del Minnesota ma anche altrove.

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È stata la Cnn a denunciare l'accaduto e poco dopo a dare notizia del rilascio del giornalista e dei suoi collaboratori.
Tutto è iniziato mentre stavano filmando un arresto in una zona poco distante dal commissariato dato alle fiamme nelle scorse ore. Nelle immagini del fermo diffuse dalla Cnn Jimenez chiede: «Perché sono in arresto?». L'operatore continua a riprendere e il reporter viene ammanettato. Viene sequestrata la telecamera con cui lavoravano, ma rimane accesa e da terra, prima di essere prelevata, continua a registrare. Il filmato mostra il giornalista che viene portato via da un agente, poi l'arresto del collega, senza che vengano fornite loro spiegazioni.

 
 

LE SCUSE DEL GOVERNATORE Il governatore del Minnesota, Tim Walz, si è scusato con il presidente della Cnn, Jeff Zucker, per l'arresto «inaccettabile» del giornalista e della sua troupe. Intervistato questa mattina proprio dalla Cnn, il governatore democratico, dopo aver presentato «le più profonde scuse», ha detto che stava lavorando per l'immediato rilascio dei reporter, avvenuto poi nelle ore successive.
A rendere più clamoroso l'arresto del giornalista il fatto che sia avvenuto durante un collegamento con il programma televisivo New Day alle 6 del mattino ora locale. «Lei è in arresto», ha detto un poliziotto intervenendo nel mezzo del collegamento di Jimenez che gli ha chiesto: «Le dispiace dirmi perché sono in arresto?». «Lo sta arrestando in diretta tv con la Cnn, vi avvisiamo che siete in diretta con la Cnn», si sente poi dire da uno dei tecnici che poi sono stati a loro volta arrestati. Il conduttore dallo studio poi ha notato che Jimenez è ispanico e di colore, mentre l'altro giornalista inviato dalla Cnn a coprire la rivolta di Minneapolis, che è bianco, ha continuato a lavorare.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 29 Maggio 2020, 22:14
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