Dal premio Nobel per la Pace ad una sanguinosa crisi: l’Etiopia è sull’orlo della guerra civile.
Dall’aprile del 2018 a guidare lo Stato africano è Abiy Ahmed, il più giovane leader del continente (44 anni), ma nel giro di un anno la sua politica sembra aver subito un’inversione a U. Dopo aver ricevuto il Nobel per la Pace nell’ottobre del 2019, in virtù degli sforzi che avevano portato alla fine del conflitto ventennale con l’Eritrea, a inizio novembre Ahmed ha ordinato un’offensiva militare contro le forze del Fronte di Liberazione Popolare del Tigrai (TPLF), nel Nord dello Stato.
Marco Cochi, ricercatore per l’Africa sub-sahariana presso il Centro militare studi strategici del ministero della Difesa e analista del think tank “Il Nodo di Gordio”, spiega che «dopo aver governato l’Etiopia per quasi trent’anni, il TPLF mal sopporta di aver perso il potere. L’avvento della pandemia del Covid-19 ha acuito le tensioni, raggiungendo l’apice il 4 novembre, quando Ahmed ha inviato le truppe federali e ordinato un raid aereo contro centri strategici del Tigrai. Ne è nata una nuova escalation di scontri fra le due opposte fazioni, ed entrambe si accusano reciprocamente di aver scagliato la prima pietra».
Il Primo Ministro, su Twitter, sostiene tuttavia che il rischio di una «discesa nel caos» è una preoccupazione infondata e che l’operazione militare ha come unico scopo garantire «pace e stabilità una volta per tutte».
Ultimo aggiornamento: Martedì 17 Novembre 2020, 03:00
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