Disneyworld, 180 dipendenti italiani in ostaggio: parchi chiusi, bloccati in Florida. «Senza lavoro e senza poter tornare a casa»

Disneyworld, 180 dipendenti italiani in ostaggio: parchi chiusi, bloccati in Florida. «Senza lavoro e senza poter tornare a casa»

di Domenico Zurlo
Bloccati in Florida da giorni, dopo il lockdown dovuto alla pandemia di coronavirus: alcune decine di giovani italiani che lavoravano a Epcot, uno dei quattro parchi divertimenti di Disneyworld, da un giorno all’altro si sono ritrovati in un limbo. Colpa della chiusura a tempo indeterminato del parco, decisa nell’ambito delle misure restrittive diventate ormai una costante in quasi tutto il mondo: senza più un lavoro, e intrappolati negli Usa a migliaia di chilometri da casa.

Il parco Epcot celebra la creatività, l’immaginazione, il futuro: ma il presente di questo gruppo di ragazzi, poco meno di 200, negli States per un programma di scambio internazionale, sembra quasi un incubo. Tra loro, in quella che si configura come una vera e propria Odissea, un giovane romano, Davide Massotti: da quasi un anno Davide lavora nel padiglione Italia di Epcot, alle dipendenze della Delaware North, la compagnia che gestisce i ristoranti. «Da due settimane siamo in quarantena, bloccati nei nostri alloggi - ha raccontato Davide a Leggo - Sia la Delaware che la Disney ci stanno aiutando, ci hanno pagato una settimana in più di stipendio esentandoci dai costi dell’assicurazione sanitaria e dell’affitto. Ma siamo preoccupati e vorremmo tornare a casa il prima possibile».

Il nocciolo della questione è nelle modalità del ritorno: gli unici voli diretti per l’Italia partono da New York, focolaio del contagio negli Usa. Il costo del biglietto è tutt’altro che economico (1.800 dollari circa), e i voli non sono garantiti: «Rischieremmo di arrivare in aeroporto, non poter partire ed essere costretti a restarci per uno o due giorni, col rischio di contrarre il virus - spiega Davide - Qui in America c’è molta sottovalutazione, anche dove il contagio è molto diffuso».

Nel frattempo i ragazzi attendono negli alloggi, che dovranno però lasciare entro la fine di questa settimana: se il soggiorno si protrarrà, dovranno essere loro a farsi carico dei costi. La Farnesina, il consolato italiano a Miami e l’ambasciata stanno monitorando la situazione, per far sì che possano tornare al più presto a casa: l’ipotesi prospettata, racconta ancora Davide, è quella “di organizzare un volo charter da Orlando o da Miami, direttamente per Roma, ad un costo accessibile. Non si tratta di 5 o 10 persone ma di quasi 200 ragazzi: aspettiamo con fiducia che il Governo ci aiuti”. Per mettere fine ad un’esperienza che doveva essere meravigliosa, ma che sta finendo nel peggiore dei modi.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Aprile 2020, 09:09
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