Coronavirus, due ragazze scappano dalla quarantena: «Stanze squallide e senza internet». Il racconto sui social

Coronavirus, due ragazze scappano dalla quarantena: «Stanze squallide e senza internet». Il racconto sui social

di Domenico Zurlo
Fugge dalla quarantena per il coronavirus e denuncia: ero sana, condizioni inaccettabili. Accade in Russia a San Pietroburgo, dove una ragazza di 32 anni, Alla Illyina, è stata internata presso l'ospedale Botkinskaya dopo essere rientrata da una vacanza in Cina nella provincia di Hainan. Messa in quarantena nonostante le sue analisi siano risultate ripetutamente negative, racconta la testata pietroburghese Fontanka.

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Il suo caso, scrivono le testate russe tra cui il Moscow Times, è simile a quello di tanti altri, con la differenza che Alla ha deciso di ribellarsi ed evadere dall'ospedale, scassinando la serratura digitale della sua stanza. Ilyina ha raccontato come, «da cittadina responsabile», abbia contattato i servizi sanitari dopo aver accusato un mal di gola al rientro dal viaggio in Cina. Da qui il ricovero preventivo che, nel giro di una notte, si è trasformato in coatto, per almeno 14 giorni.

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(La mappa della fuga, dal profilo Instagram @allasand)

Le condizioni, dice, erano tremende: una stanza squallida, niente internet, scarsa attenzione del personale medico, dubbia pulizia. Così, al secondo giorno di ricovero, ha deciso di farla finita. «Quando è arrivata la sera e il personale medico ha abbassato la guardia, ho messo in corto circuito la serratura magnetica nella mia stanza: ho studiato fisica, il che mi ha aiutato», ha raccontato Ilyina su Instagram. «La nostra Costituzione garantisce la libertà, non capisco perché dovevo stare in gabbia in ospedale», ha dichiarato poi ai media.


(La ragazza scappata e la porta della sua stanza, dal profilo Instagram @allasand)

Il suo esempio ha ispirato altre degenti del reparto, che si lamentano per le condizioni di isolamento. Il primario dell'ospedale, però, ha usato parole di fuoco, dandole «dell'irresponsabile», e annunciando di averla denunciata alla polizia. Ma Alla, che è scappata venerdì scorso, sostiene di non essere stata contattata da nessuno, né agenti né ospedale. La sua storia sta diventando un simbolo della gestione, a tinte fosche, dell'emergenza coronavirus da parte delle autorità russe.


(Il post della seconda ragazza, Guzel Neder)

C'E' ANCHE UN SECONDO CASO Oltre al caso di Alla Ilynia, il Moscow Times racconta la storia di una seconda donna che è evasa dalla quarantena, saltando dalla finestra dell'ospedale e pubblicando tutto sulla sua pagina Instagram, con il nome di Guzel NederLe due donne, raccontando le loro 'evasioni' sui social media, denunciano così le precarie condizioni igieniche, la mancanza di collaborazione da parte dei medici e l'incertezza dei protocolli da loro seguiti. Ed affermano di essere scappate - la seconda insieme anche al figlio piccolo - nel timore di essere alla fine contagiate se rimanevano nelle strutture ospedaliere.

La seconda donna ha raccontato di avere contattato l'ospedale di Samara quando suo figlio, qualche giorno dopo il rientro dalla vacanza, ha cominciato ad avere la febbre. Dopo aver aspettato per giorni di avere i risultati del test del coronavirus alla fine ha deciso di fuggire: «Mio figlio era isterico, non c'era altra via che lasciare l'ospedale senza autorizzazione, attraverso la finestra». Poi la polizia l'ha interrogata a casa, ma nessuno l'ha incriminata, a differenza del primo caso, in cui Illyina è stata denunciata dalle autorità dell'ospedale.


(Guzel Neder in un'altra foto dal suo profilo Instagram)

In un post su Instagram di poche ore fa, la giovane madre ha poi specificato: 
«Ho deciso di lasciare l'ospedale dopo una telefonata al centro scientifico di Novosibirsk, in cui mi hanno detto: 'Se non sei stata informata di una eventuale positività al test entro due ore, non hai nulla di cui preoccuparti'. Ed eravamo in ospedale da 5 giorni!». «Se mio figlio fosse stato infetto, avrei avuto fretta di andar via con un bambino malato? Per curarlo dove, a casa? Mio figlio è sano e non c'erano sintomi del virus, ma i medici hanno deliberatamente ritardato la nostra uscita solo per 'eseguire gli ordini' e isolare chi era arrivato dalla Cina».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 13 Febbraio 2020, 08:15
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