Castrazione chimica agli strupratori per uscire di prigione: la proposta di legge fa discutere

Il Governo spinge per approvarla in tempi brevi, ma la proposta scatena le polemiche

Castrazione chimica agli strupratori per uscire di prigione: la proposta di legge fa discutere

La castrazione chimica per liberare le carceri. È questa la soluzione che la Thailandia sta prendendo in considerazione nei confronti di chi si è reso protagonista di abusi sessuali. Il Paese orientale sembra voler dare la possibilità della castrazione chimica volontaria a chi ha commesso stupri per ottenere una riduzione della pena detentiva. 

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Il via libera alla proposta di legge

Il disegno di legge è stato approvato lo scorso marzo dalla Camera e lunedì 11 luglio ha ricevuto il via libera dei senatori, con 145 voti favorevoli e due astenuti. Prima che la legge entri definitivamente in vigore manca soltanto il voto finale, ma sembra difficile che possa non entrare in vigore.

La procedura, che consiste in un'iniezione che riduce i livelli di testosterone, richiederà l'approvazione di due medici e gli autori di reato saranno ancora monitorati per 10 anni e costretti a indossare braccialetti elettronici. Secondo i dati del dipartimento di correzione locale, su 16.413 condannati per reati sessuali rilasciati dalle carceri thailandesi tra il 2013 e il 2020, 4.848 hanno commesso crimini analoghi una volta in libertà.

Non è l'unico Paese

In caso di approvazione, la Thailandia si unirebbe a un piccolo gruppo di Paesi che utilizzano la castrazione chimica, tra cui Polonia, Corea del Sud, Russia ed Estonia, oltre ad alcuni stati degli USA.

E con ogni probabilità entrerà a far parte di questa piccola cerchia in tempi brevi. Il ministro della giustizia Somsak Thepsuthin, infatti, ha dichiarato: «Voglio che questa legge passi rapidamente. Non voglio vedere notizie su cose brutte che accadono di nuovo alle donne».

Le polemiche

Ma la notizia della castrazione chimica volontaria non convince e, anzi, ha scatenato molte polemiche. Non tutti sembrano essere d'accordo. E tra chi si oppone all'entrata in vigore della legge c'è Jaded Chouwilai, direttrice e fondatrice della Women and Men Progressive Movement Foundation, un'organizzazione non governativa che si occupa di violenza sessuale, secondo la quale l'utilizzo della castrazione chimica non aiuterebbe a contrastare il problema dei reati a sfondo sessuale: «I detenuti dovrebbero essere riabilitati cambiando la loro mentalità mentre sono in prigione. Usare punizioni come le esecuzioni o le iniezioni per la castrazione chimica, non fanno altro che rafforzare l'idea che soggetto non possa essere riabilitato».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Luglio 2022, 21:31
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