Ora si teme per la sorte di Alessia Piperno, la trentenne italiana arrestata in Iran e detenuta a Teheran nel carcere di Evin: gli ex detenuti del penitenziario della capitale persiana raccontano di aver vissuto finte esecuzioni, torture e altre pressioni psicologiche. Un allarme che preoccupa, dato che la ragazza romana, dopo l'arresto dello scorso 28 settembre, è detenuta proprio in quel carcere così discusso.
«In isolamento con le luci sempre accese»
In particolare, Sahar Nourafrooz, quarantenne iraniana poi rifugiata in Italia che nel 2010 è stata detenuta in quelle prigioni, spiega di essere stata inizialmente in isolamento in una stanza di poco più di un metro quadrato e sempre con le luci accese. «All'inizio avvicinavano alla cella mio figlio di otto anni, tanto che sentivo il suo pianto assieme alle urla di mio marito: eravamo stati prelevati dalla nostra casa perché ritenuti simpatizzanti dei 'muezzin del popolo'».
«Un giorno mi hanno portato in una sala di esecuzione dove mi hanno costretta a mettere il cappio attorno al collo di mio marito e, dopo avermi picchiata, mi hanno ordinato di spingere via la sedie che lo reggeva per ucciderlo.
La 'piscina delle esecuzioni'
Javad, 60 anni e senza un ginocchio per le torture ricevute, ora rifugiato a Roma, ha invece raccontato della 'piscina delle esecuzioni' ad Evin, dove anche lui era stato portato: «Ci hanno fatti mettere a terra vicino ai bordi della piscina e hanno cominciato a sparare contro di noi - racconta -. Sono morti in tanti e i corpi insanguinati sono stati gettati nella piscina, ma hanno voluto che io sopravvivessi chiedendomi di collaborare. Sono stato sottoposto a questa finta fucilazione per cinque volte. Dopo cinque anni sono stato rilasciato».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 5 Ottobre 2022, 13:34
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