Afghanistan, il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano: «Biden avrebbe potuto rivedere gli accordi»

Afghanistan, il direttore del Tg2 Gennaro Sangiuliano: «Biden avrebbe potuto rivedere gli accordi»

di Valeria Arnaldi

La gente in fuga dall'Afghanistan. Le drammatiche immagini degli afghani, aggrappati alle ruote degli aerei e poi caduti durante il volo. Le rassicurazioni e le “promesse” del nuovo regime, anche alla comunità internazionale, ma al contempo l’inizio della caccia a quanti hanno collaborato con gli occidentali. E le parole del presidente Usa, Joe Biden, che difende la scelta del ritiro delle truppe dall’Afghanistan. Il ritorno dei talebani al potere, dopo vent’anni, determina nuove prospettive geopolitiche. E minacce.

Leggo ha chiesto a Gennaro Sangiuliano, direttore del TG2 e saggista, autore di più libri sulla scena politica statunitense e sui suoi protagonisti - l’ultimo, “Reagan. Il presidente che cambiò la politica americana” - di condividere la sua lettura del momento, a partire dalle scelte politiche Usa.

Gli americani «non faranno quello che non fanno gli afghani», ha affermato Joe Biden a sostegno della decisione di ritirare i militari statunitensi dal Paese. Come valuta le dichiarazioni del presidente Usa?

«In queste ore tutta la grande stampa americana, a cominciare dai due principali quotidiani americani, il New York Times e il Washington Post, sta criticando duramente Biden, non tanto sul fatto che dopo venti anni ci fosse la necessità di chiudere una pagina iniziata nel 2001, quanto sulle modalità con cui si è concretizzato questo abbandono. Biden prevedeva una resistenza che poteva durare anche trentasei mesi, invece i talebani sono arrivati a Kabul in meno di tre giorni. Ora credo che l’opinione pubblica internazionale si domandi come sia stato possibile che siano stati spesi miliardi di dollari e,soprattutto vite umane, quelle dei militari americani ma anche di quelli della coalizione, compresi gli oltre 50 soldati italiani, per poi ritornare a  venti anni fa. È un po’ come un drammatico gioco dell’oca in cui si gettano i dadi e si torna al punto di partenza».

Quale è stato l’errore nell’analisi del momento?

«Il ritiro era stato deciso da Trump e prima di lui pensato da Obama, però Biden avrebbe potuto rivedere gli accordi. Già c’erano state alcune violazioni da parte dei talebani dell’accordo fatto, a suo tempo, da Trump, quindi aveva tutti i motivi per poterlo rivedere o limitare».

Perché allora non lo ha fatto?

«Biden appare come il continuatore della politica di Trump, “America First”.

E trovo molto interessante quello che ha detto Federico Rampini, quando ha affermato che gli Usa stanno perdendo interesse per il Medio Oriente, perché ormai il petrolio non è più così determinante come in passato nell’approvvigionamento energetico. Ora il grande scacchiere globale è l’Asia, l’Oriente, il confronto con la Cina».

Quello che sta accadendo a Kabul impone riflessioni su più temi e questioni.

«Ci sono i grandi temi come quello del fallimento educativo, perché quelli che sono i talebani di oggi, nel 2001 erano dei bambini. Perché sono andati nelle scuole del fondamentalismo islamico e non in scuole civiche in grado di trasmettere valori di tolleranza, diritti umani, rispetto della persona?».

Quali sono ora i rischi maggiori?

«La mia più grande preoccupazione è la condizione delle donne. Non è che la condizione delle donne afghane fosse paragonabile a quella dell’Occidente, ma squarci di libertà si erano aperti e anche significativi: il diritto all’istruzione, a non portare più il burqa, a poter lavorare ed essere membri attivi della società. Ora bisogna vedere cosa accadrà rispetto a queste conquiste fatte negli ultimi venti anni. Credo che la responsabilità dell’Occidente più importante in questo momento sia quella di tutelare le persone che hanno collaborato con gli occidentali, dando loro asilo politico, e tutelare le condizioni delle donne».

La situazione attuale che scenari apre per l’Europa?

«Penso che Draghi si stia muovendo benissimo. Sta facendo asse con la Merkel e ha fatto un discorso molto accorato sul tema dei diritti».

Quali i possibili pericoli, anche per il nostro Paese, determinati dalla vicinanza?

«Adesso è difficile fare previsioni. Dobbiamo vedere come evolverà la situazione nei prossimi mesi. La prima cosa è, appunto, tutelare le persone più a rischio, ossia chi ha collaborato e le donne».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 19 Agosto 2021, 10:11
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