Raffaella Carrà, l’italiana diversa dagli altri italiani

L’italiana diversa dagli altri italiani

di Maria Latella

Adesso tutti scriveranno che è stata libera. Anticonformista. E va bene. È stata anche questo. Ma Raffaella Carrà è stata soprattutto una donna sicura di sé. Perché sapeva che, al di là dei governi che in Rai potevano fare e disfare, al di là degli uomini che potevano cambiare, al di là del successo che dopo decenni poteva anche cominciare a scemare, c’era lei. Lei che era brava. Disciplinata. Intelligente e soprattutto sicura di sé.


Il caschetto biondo. L’ombelico in mostra e in prima serata. Il “Tuca Tuca” che fece catodico ingresso anche tra le famiglie più timorate: consentivano alle figlie quindicenni di ballarlo perché lo ballava lei e perciò non poteva esserci malizia. Raffaella Carrà è stata una donna del suo tempo ma è stata anche un’italiana diversa dagli italiani del suo tempo. E un po’ diversa anche rispetto agli italiani di adesso. Raffaella Carrà è stata una diversa. Rispetto alle colleghe venute prima o dopo di lei, per cominciare. Giocava con i tele fagioli ma non ha mai avuto bisogno di farlo dimenticare lasciando cadere qua e là una citazione del sociologo Pierre Bourdieu. 


A mia memoria non ha mai neppure ceduto alla tentazione di raccontarsi per fare sensazione, o per suscitare tenerezza. Potrei sbagliare, ma ricordo una e una sola intervista in cui Raffaella parlò del rapporto con le sue stepdaughters, le tre bambine di Gianni Boncompagni che per un tratto furono parte quotidiana della sua vita.

Al suo posto altre si sarebbero spalmate su dieci copertine con la bella famiglia allargata. Così come non ricordo lunghe dissertazioni sul fatto che no, non ha avuto figli. Tagliava corto ogni volta che le ponevano quella domanda: «Col lavoro che faccio non avrei potuto seguirli». È stata diversa Raffaella Carrà, ma ho l’impressione che anche il suo intelligente metodo di scalare e mantenere il successo sia dipeso da una sola cosa: Raffaella era una donna sicura di se stessa. Sicura quando si dichiarava di sinistra (cosa che peraltro non faceva una lira di danno nel mondo dallo spettacolo anni ‘70/’80). Però almeno lei non ha avuto bisogno di travestirsi da dame de la gauche caviar.

Essere pop, anzi popolare, non le è mai sembrata una deminutio. Anzi.


Raffaella Carrà è stata una donna sicura dei suoi amori, due i più lunghi e conosciuti: Gianni Boncompagni e il coreografo Sergio Japino. Uomini con i quali ha condiviso la passione della sua vita: il lavoro. Perché in fondo, pur essendo più giovane e pur avendo praticato un ramo apparentemente distante, il mondo dello spettacolo, Raffaella Carrà appartiene alla categoria dei Giorgio Armani. O nel mondo dello spettacolo di due altri nati, come lei, sotto il segno dei Gemelli: Mike Bongiorno e Pippo Baudo. Gente che ha avuto il lavoro come etica e mistica quotidiana della vita. Ecco, Raffaella Carrà è stata una saggia imprenditrice. Imprenditrice di se stessa, ma attenta ai suoi collaboratori proprio come un imprenditore è attento ai suoi dipendenti.


Luana, brava truccatrice della Rai che fu pure sua truccatrice, mi raccontò che al termine di ogni ciclo di trasmissioni, Raffaella convocava la squadra. Tutti: dal regista alle truccatrici. E per ognuno c’era un regalo. «Era il pensiero che faceva piacere», si commuoveva Luana al ricordo. Ecco: Raffaella Carrà era così. Una professionista che rispettava chi contribuiva al suo successo. Una che non maltrattava le persone che lavoravano per lei. Una che non arrivava in studio dopo una notte di eccessi. Una che non riesco a immaginare mentre sniffa nient’altro che il brodo dei passatelli. «Dopo una giornata di lavoro, per me e Sergio il vero relax è sederci a tavola a casa e goderci una buona cenetta», raccontò in una intervista nella quale le chiedevano perché fosse stata vista poco in giro nelle notti di Roma. Mai vista nemmeno nei salotti.


Disciplina. Intelligenza. Piedi per terra e consapevolezza di sé. Quando in Italia la popolarità declina, c’è sempre la Spagna da conquistare. E quando ne “La Grande Bellezza” Toni Servillo fa il trenino al ritmo di “A far l’amore comincia tu” di certo Raffaella avrà sorriso. Da quella Roma lì lei si era sempre tenuta ben lontana, ma che soddisfazione vederli sputtanati con la sua colonna sonora.


Ultimo aggiornamento: Sabato 10 Luglio 2021, 00:08
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