La guerra al virus e l'importanza del Servizio sanitario nazionale

La guerra al virus e l'importanza del Servizio sanitario nazionale

di Luca Richeldi
Il numero 3/2020 di «Vita e Pensiero», il bimestrale culturale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore in uscita giovedì 9 luglio, ospita nella sezione  La Questione / Interventi un articolo dal titolo Davanti alla pandemia che ha cambiato le nostre vite, che raccoglie le testimonianze di un medico, un filosofo, un politologo e un massmediologo a pochi mesi di distanza dallo scoppio dell’emergenza Coronavirus. Tra loro Luca Richeldi.



La pandemia da Covid-19 si è abbattuta sul mondo medico italiano e internazionale come un inaspettato e catastrofico evento, unico e spaventoso. Tutto il complesso universo sanitario del nostro Paese si è trovato aggredito, con il personale medico, infermieristico, tecnico e amministrativo al fronte di una battaglia improvvisa a cui ognuno è stato chiamato a contribuire.

Una breve premessa di contesto. Nato a Modena, sono rimasto sempre molto legato alla mia città e molto orgoglioso dei miei concittadini. Per questo motivo, nel corso delle varie esperienze di lavoro che mi hanno condotto insieme alla mia famiglia prima negli Stati Uniti, poi in Inghilterra e infine a Roma, la data del 31 gennaio ha sempre rappresentato una giornata speciale: è la giornata in cui viene festeggiato il santo patrono di Modena, san Geminiano. È un giorno importante per Modena, fatto di lunghe file di cittadini di tutte le età intenti a passeggiare tra bancarelle con innumerevoli specialità culinarie e altre in cui non manca mai l'imperdibile occasione di un economico servizio di piatti teoricamente indistruttibile.

Martedì 31 gennaio 2020 non ha fatto eccezione: ritmi di lavoro ridotti e saluti a parenti e amici che a Modena si stavano godendo la tradizionale giornata di festa. Ricordo di avere notato che proprio quel giorno il Consiglio dei ministri aveva dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi sul territorio nazionale, a causa del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie da agenti virali trasmissibili. Infatti, un paio di giorni prima avevo letto con una certa apprensione la notizia del ricovero di due turisti cinesi presso l'Istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani a Roma (saranno dimessi guariti il 20 aprile): erano i primi pazienti contagiati dal nuovo Coronavirus nel nostro Paese.

Notizia allarmante, ma erano comunque turisti provenienti dalla lontanissima Cina. Il 3 febbraio la Presidenza del Consiglio emanava un'ordinanza per la quale il capo del Dipartimento della Protezione civile si poteva avvalere di un Comitato tecnico-scientifico, allo scopo di affrontare l'emergenza sanitaria creata dal Coronavirus. In quei giorni non si parlava ancora di pandemia e nessun caso autoctono era stato segnalato in Italia. Sapremo poi che il Coronavirus stava già circolando da tempo in alcune aree del nostro Paese. Il 26 febbraio ricevo una chiamata dal ministero della Salute, con la quale vengo invitato a fare parte del Comitato tecnico-scientifico: la prima riunione cui partecipo si tiene venerdì 28 febbraio.

Da allora ho partecipato alle riunioni quotidiane del Comitato, vivendo in tempo reale la drammatica evoluzione della pandemia da Covid-19, per metà giornata nel mio ospedale e per l'altra metà nella sala del Comitato operativo della Protezione civile. Il Policlinico Gemelli si è trovato da subito in prima linea, lanciando l'ambizioso progetto di dedicare il complesso integrato Columbus a secondo Covid Hospital di Roma. Tutto ciò mentre il Pronto soccorso dell'ospedale era letteralmente assalito da ambulanze con pazienti critici che necessitavano di urgente assistenza, e allo stesso tempo ponevano il problema cruciale di non consentire al Coronavirus di entrare nell'ospedale, mettendo a rischio la salute degli altri pazienti e del personale sanitario.

Una nuova situazione discussa nelle quotidiane riunioni dell'Unità di crisi, che sono state peraltro l'occasione per apprezzare la competenza e il coraggio di tanti colleghi e persone con competenze tecniche e amministrative, assolutamente cruciali in quei drammatici momenti. Tutto questo con un altro fronte aperto, quello dei nostri studenti e della didattica, temporaneamente in pausa, ma sempre ben presenti nei pensieri dei docenti. Sono certo che quello che è successo nelle settimane successive nel nostro Paese e nel resto del mondo sia noto a tutti, con ritmi scanditi dai numeri quotidianamente forniti dalla Protezione civile e una nazione intera costretta a modificare radicalmente la propria vita dalla sera alla mattina, con un enorme sacrificio collettivo teso a salvaguardare la vita soprattutto delle persone più vulnerabili. A oggi non vediamo ancora l'uscita dalla pandemia: seppure speranzosi, siamo ancora confusi e incerti sul come affrontare il futuro.

Per questo, non ho modo di trarre conclusioni o discutere bilanci. Però qualcosa lo possiamo dire. Abbiamo tutti riconosciuto, anche se molti di noi già ne erano certi, che il Servizio sanitario nazionale è un valore costituente, centrale e irrinunciabile del nostro Paese. Il piano per le assunzioni straordinarie nel Ssn che è stato varato all'inizio di marzo sta dando importanti risultati. Secondo i dati del ministero della Salute, al momento sono oltre 23.500 i lavoratori entrati nel Sistema in base al decreto che consente alle Regioni di rinforzare i ranghi per contrastare il Coronavirus negli ospedali e sul territorio. Un ulteriore motivo di riflessione è il fatto che, dopo circa due mesi dall'inizio dell'emergenza nazionale, sono entrati nel Ssn oltre la metà dei lavoratori che si erano persi negli ultimi dieci anni.

Vero è che non sempre si tratta di contratti a tempo indeterminato, che comunque rappresentano circa la metà del totale: significa che quelle persone rinforzeranno gli organici dei nostri ospedali e dei nostri servizi territoriali definitivamente. Per le altre, molte delle quali con contratti annuali rinnovabili, potrebbero aprirsi possibilità di conferma in futuro, visto che ormai si è capito quanto sia importante avere un Ssn più forte per affrontare emergenze come quella che stiamo vivendo. Su questo ultimo punto, insieme di speranza e riflessione, la mia personale esperienza è stata indubbiamente positiva: ho trovato al mio fianco moltissimi colleghi, giovani e meno giovani, alcuni dei quali ancora in formazione, disposti a mettersi in gioco per affrontare in prima persona la sfida e il rischio connessi alla cura di pazienti affetti da una malattia sconosciuta. Loro rappresentano uno degli elementi che consentono oggi a tutti noi di guardare al futuro con fiduciosa speranza.

Luca Richeldi
*Direttore dell'area Pneumologia al Policlinico Gemelli di Roma e membro del Comitato tecnico-scientifico della Protezione civile per la lotta al Coronavirus
Ultimo aggiornamento: Venerdì 3 Luglio 2020, 15:15
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