Distributori automatici, la passione del Giappone: anche Barilla tenta di inserirsi con la "Pasta pronta"

Distributori automatici, la passione del Giappone: anche Barilla tenta di inserirsi con la "Pasta pronta"

di Pio d'Emilia

Qualcuno ha calcolato che se si mettessero in fila tutti i distributori automatici esistenti in Giappone (oltre 5 milioni, uno ogni 20 persone, la più alta percentuale pro capite del mondo) si coprirebbe una superficie di oltre 6 mila chilometri. E’ la distanza che c’è tra Tokyo e le isole Hawaii. O da Roma a Kabul, tanto per dare un’idea.
Tra le curiosità che più colpiscono gli stranieri (pare che i turisti siano di nuovo benvenuti, nel Sol Levante, ma per ora le condizioni di viaggio sono proibitive sia in termini di costi che di regole da rispettare) che atterrano in Giappone ci sono le onnipresenti jidohanbaiki, i distributori automatici che ovviamente non vendono solo bibite e snack, come da noi, ma un po’ di tutto. Dalla biancheria intima alle zuppe calde, dal pollo fritto ai budini “fatti in casa”. Proprio così. E’ l’ultima novità: si chiamano Gaku-Keki, li vendono in una lattina tipo birra. Quando sollevi la linguetta dal fondo avanza pian piano una preoccupante dose di panna montata che va a ricoprire il budino contenuto all’interno. Per ora le macchinette che li vendono sono ancora poche e solo nelle grandi città. La sera sono prese d’assalto.

 
Il settore, da sempre uno dei più creativi, è anche particolarmente redditizio. Tant’è che è uno dei pochi ad aver registrato un’espansione del fatturato e dei profitti anche durante la pandemia. Parliamo di 50 miliardi di dollari di fatturato annuo, il doppio della Tesla di Elon Musk, tanto per avere una idea. Oltre all’immensa, ed in continua evoluzione, offerta (anche l’italiana Barilla sta cercando di entrarci, con questo suo distributore di “ pasta pronta”: qui il video ), il mondo delle “macchinette” giapponese offre molti altri vantaggi. Intanto, sono sempre tutte, ma davvero tutte, perfettamente funzionanti. Ed è possibile utilizzarle con ogni tipo di sistema di pagamento. Dalle classiche monetine ai bancomat e tutti gli altri strumenti digitali: carta di credito, carte fedeltà, cellulare etc. In oltre 40 anni che giro il Paese in lungo e in largo difficilmente ho trovato, anche nelle zone più remote, macchinette “fuori servizio” o con la scritta urikire: prodotto esaurito. Ricordo che perfino nel marzo 2011, quando la costa orientale del Giappone venne colpita dalla tripla tragedia del terremoto, lo tsunami e l’incidente nucleare di Fukushima, c’erano zone evacuate dove però i distributori automatici erano ancora funzionanti e regolarmente riforniti. 


Il mercato, come si diceva, è estremamente redditizio e con costi di gestione ridottissimi: le aziende che vi operano hanno tutto l’interesse a mantenere la rete efficiente.

Un tv locale tempo fa ha mandato in onda un servizio in cui un “gestore” privato ha notato che alcuni prodotti segnavano “esaurito”. Ha chiamato, di domenica, il servizio assistenza e nel giro di pochi minuti (sì, minuti) è arrivato il camioncino per il rifornimento. E parliamo di un gestore privato, non di un centro commerciale, una stazione di servizio o comunque di un esercizio pubblico. 


Ma che significa, “gestore privato”? Un’altra caratteristica delle jido hanbaiki è il fatto che possano essere “gestite” da chiunque. Anche privati cittadini, basta che abbiano uno spazio di proprietà fronte strada sul quale poterle installare. E da qualche anno è diventata una delle fonti di reddito più sicure per varie categorie di cittadini, primi fra tutti i pensionati. Il sistema è semplicissimo: chi ha uno spazio disponibile chiama una delle tante società del settore, si registra, firma un contratto di “comodato” (oggi si può fare tutto online) e nel giro di pochi giorni riceverà la visita dell’installatore. Non deve far altro. A fine mese riceverà un bonifico che comprende il canone di affitto (pagato dalla società per poter usare lo spazio privato) e una commissione sulle vendite. Il guadagno è garantito e ovviamente varia enormemente, a seconda della zona, della location, della stagione, del tipo di prodotto offerto. Dei miei amici, che hanno una casetta in montagna, hanno piazzato – incuranti del danno estetico – due macchinette all’entrata della loro strada privata. Tirano su, ogni anno, una cifra che copre tutte le spese di gestione della casa. La piccola lavanderia sotto casa mia, che stava per chiudere, ha deciso di installare un paio di distributori all’entrata, che è davanti ad una fermata dell’autobus particolarmente frequentata. Una svolta. Non solo non hanno chiuso, ma ora meditano di ingrandirsi, aggiungendo sedie e tavolini per i clienti che aspettano la fine del bucato. Attenzione però. Il mercato, almeno a Tokyo, pare sia saturo. Per curiosità ho chiamato una delle società, chiedendo se potevo ospitare una “macchinetta”. «Ci dispiace, per ora sono tutte esaurite. Sentiamoci in autunno», hanno risposto. 
 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 20 Giugno 2022, 21:40
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