Democrazia e web/ La deriva “religiosa” della politica sui social


di Loris Zanatta
I risultati dello studio promosso dall’Associazione Amici della Luiss su democrazia e social media e il dibattito che ne è scaturito su queste colonne, con l’intervento dell’editore Francesco Gaetano Caltagirone, pongono una serie di problemi sugli sviluppi e sulla involuzione della democrazia che si erano presentate anche in passato: vale per i social, seppur all’ennesima potenza, ciò che era valso per il balcone, la stampa, la radio, la tivù. In breve: questi mezzi ampliano a dismisura la pulsione tribale e dogmatica che un tempo s’esprimeva attraverso la confessione religiosa. 
Detto altrimenti: la sterminata piazza dei social si presta ancor più dei media del passato a trasfigurare la polis; laddove c’era il patto politico essa ricrea la comunità dei fedeli, laddove c’era pluralismo essa riproduce l’unanimità del “popolo”, laddove c’erano infinite voci essa riduce il mondo a un drastico “noi” e “loro”, a bene e male. Questa è la bomba che essi piazzano nel cuore della democrazia: la politica intesa come religione, che con essa è incompatibile. «Le religioni ripetono sempre gli stessi temi, così dobbiamo fare noi: la verità va ripetuta perché si diffonda», diceva uno che se ne intendeva, Fidel Castro. 
Piazzato su tale sfondo storico, il mito della democrazia diretta di cui i social sarebbero veicolo appare per quel che è: un mito, appunto.
Non è il “superamento” della democrazia rappresentativa, ma lo stadio dominato dal sacro che la precedette. Quello della democrazia diretta, o della volontà generale, è l’eterno sogno di sfuggire alla caducità della vita e all’imperfezione della storia restaurando la comunità organica delle origini, il Regno di Dio in terra. 
Di più: è una forma rivisitata del più potente mito religioso, quello del popolo eletto, puro e incontaminato, corrotto dalla modernità e perciò scacciato dal paradiso terrestre, dove il redentore promette di ricondurlo espiandone i peccati. Non a caso tale è, gratta gratta, la narrazione d’ogni populismo, aduso ad agitare i social come spada del “popolo” contro la corruzione morale delle “élite”; una narrazione redentiva ed escatologica, dinanzi alla quale la democrazia liberale - fredda, procedurale, pragmatica - non ha, né pretende di avere, alcuna epica da contrapporre. Perciò, la sfida che la democrazia affronta è oggi la stessa di ieri: è la visione religiosa della politica, che alberga nel nostro animo e nella nostra cultura politica; non la religione, si badi bene, ma l’idea che la politica non sia l’imperfetta arte del buon governo, ma il luogo della redenzione dal male. 
Dunque? Non c’è niente da fare? Non credo. Anzi, mi azzardo a prevedere che la sbornia passerà; non del tutto, ma almeno in parte: abbiamo addomesticato balconi, radio e tivù; non dico che domeremo instagram e facebook, ma che ne prenderemo le misure e ritroveremo miglior equilibrio tra rappresentanza e competenza; non l’equilibrio perduto, né l’equilibrio perfetto, ma un equilibrio nuovo, a sua volta precario: così è la democrazia, un guscio di noce. Il punto è: quando, come, a che prezzo ritorna a galla? 
Capisco che ciò suoni a wishfull thinking, specie ora che stiamo tra i flutti. Ma a lunghe e vorticose epoche di apertura e liberalizzazione è comune facciano seguito rinculi gretti e moralistici; qui ci troviamo oggi e visto il contesto – nuovi media, migrazioni, rivoluzioni tecnologiche, globalizzazione – c’è poco da stupirsi. Ci sono epoche in cui la società aperta e la sua forma democratica guadagnano terreno, ce ne sono altre come la nostra in cui si scappa nella gabbia identitaria. Insieme al terreno, è bene non perdere la bussola; e ricordare che i social oggi come i media del passato si prestano a usi uguali e contrari, a diffondere dogma e fede come a seminare dubbio e conoscenza, a spargere leggende e fakes come a esporre fatti, dati, argomenti. 
Qui sta il senso di questa storia: il pensiero religioso si combatte col rigore della ragione e degli argomenti, con tenacia, pazienza, ironia. Non ci sono scorciatoie: è il testimone lasciato dagli scienziati e dai filosofi che combatterono i dogmi un tempo; tutto è sempre nuovo, nulla lo è mai del tutto.
Ultimo aggiornamento: Martedì 11 Giugno 2019, 00:11
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