Coronavirus, la lezione della pandemia verrà risolta con gli scanner

La lezione della pandemia verrà risolta con gli scanner

di Barbara Gallavotti
Le parole contano, soprattutto nei momenti difficili, dunque è inevitabile chiedersi se l'Oms sia sul punto di cambiare quelle usate. Quelle usate per definire l'epidemia del nuovo coronavirus. Dalla fine di gennaio infatti questa è stata dichiarata un'emergenza globale di rilevanza internazionale (Pheic). Non viene ancora usato il termine più temuto, cioè pandemia, ma molti pensano che i tempi si stiano accorciando.

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Esiste un particolare termometro per misurare il grado di attenzione che merita una malattia infettiva. La definizione di emergenza globale di rilevanza internazionale implica un richiamo a tenere alta la guardia di fronte a una minaccia seria e inaspettata. In questo caso ai 194 Paesi che aderiscono l'Organizzazione Mondiale della Sanità è richiesto di allertare i propri sistemi di sorveglianza, identificare e comunicare i nuovi casi, cooperare per limitare i focolai e collaborare nella ricerca scientifica per sviluppare farmaci o vaccini. Da parte sua l'Oms fornisce supporto, soprattutto dove i sistemi sanitari sono più deboli.

Un simile livello di allerta è stato dichiarato per l'influenza suina nel 2009, per la poliomielite nel 2014, per Zika nel 2016 e poi per le epidemie di Ebola nel 2013 e nel 2019. Una pandemia però è qualcosa di più: è una epidemia che cresce contemporaneamente in diverse nazioni e continenti, colpisce molte persone, comporta un serio impatto sui sistemi sanitari e il rischio di gravi conseguenze economiche.

Al momento per il nuovo coronavirus ancora non ci siamo, nonostante i casi in oriente, in Iran e nel vicino oriente, in Nord America, Australia, Europa e in particolare in Italia. Varcare la soglia della pandemia significherebbe la possibilità che l'infezione raggiunga un abitante del pianeta su tre, o persino oltre. È assolutamente necessario aver presente che questo non vuol dire che tutti manifesterebbero la malattia: la gran parte dei colpiti sarebbero con tutta probabilità asintomatici o avrebbero malesseri leggeri. La prospettiva comunque è preoccupante. Fra l'altro vorrebbe anche dire che non saremmo più in grado di tracciare l'origine dei focolai con l'obiettivo di soffocare la diffusione del virus, come si sta facendo oggi.

La parola pandemia è stata utilizzata per l'HIV, ma l'ombra più cupa che evoca è quella dell'influenza spagnola. Tra il 1918 e il 1919 questa si diffuse da oriente a occidente, includendo le isole del Pacifico e il Circolo Polare Artico. All'epoca il morbo potrebbe aver infettato oltre un terzo della popolazione mondiale e le vittime furono dai 50 ai 100 milioni. Oggi le condizioni sono totalmente diverse. A rendere micidiale la Spagnola si pensa che contribuirono anche le difficoltà dell'epoca e gli stenti provocati dalla Prima Guerra Mondiale. Ma soprattutto sono totalmente cambiate le nostre conoscenze scientifiche e la possibilità di mettere a punto strumenti per combattere il virus.

Se in tutto il mondo si lavora per ottenere un vaccino o individuare farmaci efficaci, le tecnologie più avanzate possono essere utilizzate in modi inaspettati. Ad esempio è di pochi giorni fa la notizia che il Ministero dell'Industria cinese avrebbe chiesto ai centri specializzati in intelligenza artificiale un aiuto per combattere l'epidemia. I programmi di riconoscimento facciale basati sull'intelligenza artificiale sono già in grado esaminare le immagini delle numerose telecamere di sorveglianza così da tracciare i movimenti di chi è risultato positivo al virus. Questo consente di risalire alle persone venute in contatto con lui o lei, raggiungerle e indirizzarle a controlli. Il passo ulteriore è disseminare le città con telecamere sensibili al calore, in modo da identificare oltre al volto e alla persona anche la presenza di febbre. Sembra fantascienza, ma questa tecnologia è già stata provata nella zona di Pechino.

Tutto ciò fino a poco tempo fa ci sarebbe parsa un'inaccettabile intromissione nella nostra vita privata, ma assume tutt'altro aspetto se è utile per la nostra salute. L'emergenza dovuta al nuovo coronavirus cambierà comunque il mondo, anche se come si spera il numero di vittime resterà contenuto. Quando tutto sarà passato dovremo affrontare il problema di come impedire che un altro agente infettivo possa coglierci altrettanto di sorpresa, rinforzare i sistemi sanitari pubblici che restano la migliore difesa, riflettere su come essere meno grossolani nel nostro rapporto con gli ambienti naturali da cui può emergere un microbo mai visto e non ultimo trovare modo per assicurarci che le tecnologie di frontiera vengano usate nel modo più efficace per il benessere collettivo e non come strumenti liberticidi.
Ultimo aggiornamento: Martedì 25 Febbraio 2020, 09:01
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