Via della Seta, Mattarella regista dell'intesa mette paletti ed esclude le Tlc

Via della Seta, Mattarella regista dell'intesa mette paletti ed esclude le Tlc

di Alberto Gentili
Come spesso accade nelle liturgie della diplomazia, a pesare è più il non detto, sono gli omissis, piuttosto che le dichiarazioni ufficiali. E, mai una volta, durante il faccia a faccia tra Sergio Mattarella e Xi Jinping, è stata pronunciata la parola «telecomunicazioni». Né tantomeno 5G, la rete superveloce che gli Stati Uniti temono finisca sotto il controllo di Pechino. Eppure, il presidente cinese ne aveva parlato alla vigilia del suo sbarco a Roma. Eccome.

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In questa opera di perimetrazione della portata dell'abbraccio tra Cina e Italia, l'unico Paese del G7 ad aderire al Memorandum of understarding (Mou) per la Nuova via della seta, Mattarella «ha preso atto» della latitanza di Luigi Di Maio e Matteo Salvini, che pure avevano litigato per un mese su questa intesa. E nel colloquio con Xi ha parlato esclusivamente di scambi economici e commerciali, di cultura, di turismo, perfino di diritti umani (tasto dolente per il presidente cinese).

Un messaggio chiaro agli alleati occidentali: l'Italia, pur guidata da un governo populista e sovranista, non sposta di una virgola la propria collocazione euro-atlantica. Non diserta, non tradisce, come invece sospetta Donald Trump. Né tantomeno viene a patti con il nemico: i dati sensibili per la sicurezza nazionale, le comunicazioni riservate tra intelligence, non sono a rischio. E Roma non si appresta a diventare il cavallo di Troia di Pechino in Europa. «E' business, solo business. E francesi, tedeschi e inglesi ne fanno molto più di noi», dice una fonte quirinalizia, «e il business lo vogliamo alla pari. Nessuna colonizzazione, nessun atteggiamento aggressivo o rapace da parte dei cinesi». Salvini, mai affettuoso con il Colle, apprezza: «Se c'è l'intervento del presidente Mattarella è una buona notizia».

Tanti paletti, tanta cautela, perché c'era da supplire alle clamorose assenze del leader leghista e di Di Maio che hanno preferito restare in Basilicata a fare campagna elettorale. E perché il Dragone va maneggiato con cura: Xi ha un potere assoluto e da Washington e da Bruxelles hanno martellato per giorni, insinuando il sospetto (appunto) che lo sbarco del presidente cinese a Roma, la firma del Mou, potesse spostare l'asse della politica estera italiana.
Così non è. Mattarella ne è garante. E lo sarà, in questo protagonismo diplomatico di necessità, anche a fine giugno quando riceverà a Roma Vladimir Putin. Su questa linea, rispondendo indirettamente allo sgarbo del francese Emmanuel Macron, che ha invitato Merkel e Juncker a Parigi in occasione del summit di martedì con Xi, Mattarella e il leader cinese nel colloquio hanno messo a verbale: «Abbiamo bisogno di un'Europa unita. Chi si isola finisce per perdere».

LE SORPRESE DI XI
Raccontano che Xi abbia citato Umberto Eco per rafforzare il concetto: «La storia è maestra di vita. C'è un proverbio cinese che dice: dalla storia si impara il presente». E la storia insegna che quando l'Europa si è divisa sono arrivate guerre e povertà. Con sorpresa, Mattarella ha ascoltato il leader comunista rigettare l'idea di un'Europa «come un menù à la carte», come un'alleanza da sgretolare: «I rapporti tra la Cina e l'Unione europea sono molto importanti, guardiamo con favore a un'Europa stabile, aperta e prospera e mi auguro che l'Italia continui a giocarvi un ruolo fondamentale». La risposta del capo dello Stato: «Vogliamo sviluppare ulteriormente i rapporti tra Cina ed Europa, nel rispetto dell'unità europea e dell'amicizia con gli Stati Uniti». E l'Italia si offre come apripista della nuova stagione tra Bruxelles e Pechino, non si candida a una fuga solitaria.
Il rapporto deve però essere «alla pari». In quanto, ha avvertito Mattarella, «ci deve essere un'effettiva parità di condizioni e reciprocità». Un modo per stoppare ogni tentazione di atteggiamento rapace sul fronte economico-commerciale da parte di Pechino. E Xi avrebbe offerto «ampie garanzie».
Ci sono però due cose che più di altre hanno sorpreso il capo dello Stato durante il colloquio. La prima: in una fase in cui Trump colpisce duro il multilateralismo e si afferma il sovranismo, Xi ha detto: «La Cina vuole garantire pace e sicurezza, spero che l'Onu lavori con forza a questi obiettivi. Solo il multilateralismo può battere protezionismo e militarismo». La seconda: il presidente cinese si è detto d'accordo a portare avanti i negoziati per la tutela della proprietà intellettuale e delle denominazioni geografiche dei prodotti. Il segno che ora anche la Cina ha delle eccellenze e vuole difenderle.

 
Ultimo aggiornamento: Sabato 23 Marzo 2019, 12:37
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