Tasse, Irap: verso la cancellazione dell'imposta sul lavoro. Sarà assorbita dall’Ires

Irap, verso la cancellazione della tassa sul lavoro: sarà assorbita dall’Ires

di Michele Di Branco

Irap verso la pensione. Dopo 25 anni di attività l’imposta sulle attività produttive, introdotta nel 1996 dal governo Prodi, appare ormai a fine corsa. E’ questo uno dei pochi punti fermi del lavoro di sintesi politica che i partiti della maggioranza stanno faticosamente ricercando nell’ambito dell’indagine conoscitiva parlamentare che farà da base per la riforma fiscale che dovrebbe partire entro la fine del 2022.

Fisco, cartelle verso nuova proroga a fine agosto


La road map

La prossima settimana le commissioni Finanze di Camera e Senato invieranno al governo un documento che conterrà un’ipotesi di riforma ed entro fine luglio, così come chiesto dall’Europa con il Pnrr, l’esecutivo Draghi dovrà presentare una legge delega per avviare il percorso di modifica del sistema tributario italiano. Come detto, le distanze tra i partiti (a cominciare dal tema Irpef) sono molto ampie. Tuttavia, tra i punti condivisi a larghissima maggioranza c’è lo stop all’Irap (per anni oggetto di furibonde campagne politiche avverse) che, avverte una fonte impegnata sul dossier, non verrebbe abolita tout-court per non incorrere in una perdita di gettito (vale oltre 20 miliardi e finanzia buona parte della sanità regionale), ma che potrebbe confluire nell’Ires (aliquota attuale al 24%), non solo in un’ottica di semplificazione, ma anche per superare il meccanismo di un’imposta che colpisce anche le imprese in perdita e tassa i fattori della produzione. 

Cartelle esattoriali, verso nuovo stop sino a fine agosto: congelati 163 milioni di atti


L’Irap, che a suo tempo assorbì ben sei balzelli e che viene versata anche dalle pubbliche amministrazioni, ha un’aliquota del 3,9% e la quasi totalità della sua base imponibile è ormai costituita dalla componente reddituale. Una sua confluenza nell’Ires comporterebbe un aggiustamento di questa imposta.

Ma la soluzione tecnica è possibile. Molto più complicato, all’interno della maggioranza, trovare una sintesi sull’Irpef. Tutti i partiti concordano sulla necessità di abbassare le tasse sul ceto medio: elemento che, tradotto in termini concreti, significa rivedere il terzo scaglione dell’Irpef, quello fra i 28 e i 55mila euro, sul quale l’aliquota fa un balzo di ben 11 punti percentuali, dal 27% al 38%. 


Le divisioni

Un proposito condiviso che però fatica a trovare una soluzione che metta d’accordo tutti. Leu propone di introdurre una funzione matematica continua in grado di indicare l’aliquota media da applicare al reddito imponibile rispetto al tradizionale sistema a scaglioni. Le detrazioni dovrebbero essere fisse, costanti per tutti i livelli di reddito e per tutti i redditi. La nuova imposta prevede una detrazione rimborsabile del 25% per tutti i lavoratori dipendenti con redditi fino a 8 mila euro. Il Pd punta a correggere il profilo delle aliquote effettive medie e marginali e a ridurre il differenziale di aliquota tra il secondo e il terzo scaglione, cioè fino a 55mila euro. Così come Leu, i dem propongono di ricorrere a una funzione matematica continua che accoppi a ciascun reddito una specifica aliquota media, sulla linea del sistema tedesco. 


La Lega propone una flat tax incrementale, ovvero propone di applicare un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e delle relative addizionali agli incrementi di reddito realizzati rispetto all’anno precedente. M5s chiede di ridurre da cinque a tre le aliquote, così come Forza Italia che punta a individuare nella seconda aliquota una sorta di flat tax del ceto medio. Un punto di partenza potrebbe essere l’adozione di un sistema a “reddito duale”, limitando la progressività ai soli redditi da lavoro e sottoponendo tutti i redditi da capitale (dividendi, plusvalenze, interessi) ad una comune aliquota proporzionale, vicina a quella minima dell’Irpef. 


Covergenza

Tra le proposte sui quali la maggioranza avrebbe trovato un accordo generale figura l’introduzione di incentivi fiscali al coniuge, all’interno del nucleo familiare, per favorire il lavoro delle donne. Nel corso delle audizioni, tuttavia, è stato però evidenziato che se gli incentivi sono inversamente proporzionali all’aumentare del secondo reddito si rischia per penalizzare le carriere femminili. 
 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 17 Giugno 2021, 23:07
© RIPRODUZIONE RISERVATA