Tasse, accertamento nullo se il Fisco non avvisa prima il contribuente

Tasse, accertamento nullo se il Fisco non avvisa prima il contribuente

di Andrea Bassi

Solo poche righe. Ma che, se dovessero effettivamente entrare in vigore, cambierebbero per sempre i rapporti tra Fisco e contribuente. A favore di quest’ultimo. «Il contribuente ha diritto di partecipare al procedimento amministrativo diretto alla emissione di un atto di accertamento o di riscossione dei tributi». Ed ancora. «L’atto emesso in violazione del comma precedente è nullo». Insomma, l’Agenzia delle Entrate prima di spedire un atto di accertamento a un qualsiasi contribuente, dovrà ascoltare quest’ultimo e valutare prima di avanzare qualsiasi pretesa se ci sono degli elementi a sua “discolpa”. Una vera rivoluzione.

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I due commi sono stati inseriti all’interno delle proposte di riforma del processo tributario elaborate per il governo dalla Commissione interministeriale per la riforma della giustizia tributaria. Un organismo istituito dal ministro dell’Economia Daniele Franco e da quello della Giustizia, Marta Cartabia, e guidato dal docente della Bocconi Giacinto della Cananea, ma del quale hanno fatto parte anche il direttore delle finanze del Mef, Fabrizia Lapecorella, e il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini. Le proposte della Commissione dovrebbero essere recepite all’interno della delega fiscale che il governo si prepara ad approvare entro la fine di settembre, come previsto dagli impegni presi con l’Europa nel Recovery Plan. A meno che il governo stesso non decida di dare un percorso diverso alle proposte inserendo l’articolato in qualche provvedimento già all’esame del Parlamento. Ma perché la Commissione ha deciso questo passo in favore dei contribuenti? La ragione principale è provare a ridurre alla base il contenzioso tributario tra il Fisco e i cittadini che pagano le tasse. Se il contribuente ha la possibilità di difendersi prima che l’atto di accertamento o di riscossione diventi definitivo, è probabile che le cause tra amministrazione e cittadini si riducano. 

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La relazione

In realtà il principio che il Fisco, prima di emanare un atto, debba ascoltare il contribuente, è già presente da tempo nell’ordinamento italiano.

Risale, spiega la relazione che accompagna la proposta della Commissione, addirittura ad una legge del 1997. Legge, però, come spesso accade, rimasta sostanzialmente sulla carta. La norma in vigore, infatti, dice che se l’accertamento è «parziale» il Fisco non è tenuto al contraddittorio con il contribuente. In pratica agli uffici dell’amministrazione è sempre bastato “qualificare” come parziali gli accertamenti per evitare il confronto preventivo. Anche perché per i contribuenti la via del contenzioso è generalmente una via comunque “costosa”. Come rilevato da tempo da Uncat, l’Unione nazionale delle Camere degli avvocati tributaristi, anche quando ha ragione, il contribuente si vede spesso «compensate» le spese di giudizio. Significa che i soldi spesi per l’avvocato e per il giudizio stesso, non vengono caricati in campo al Fisco, ma rimangono a carico di chi ha attivato il contenzioso pur avendo alla fine avuto ragione. Nell’ultima relazione annuale del ministero dell’Economia di giugno 2021 emerge infatti che nel 2020 in Commissione Tributaria Provinciale il contribuente è stato condannato alle spese il 30,3% contro il 14,8% dell’Agenzia delle Entrate, ma le spese sono state compensate nel 54,9%; in Commissione regionale la rispettive percentuali sono il 27,1% e il 12,2%, e la compensazione è avvenuta nel 60,8% dei casi. Per ridurre il contenzioso, la Commissione ha anche proposto che in primo grado, prima di avviare il giudizio, il giudice possa tentare una conciliazione tra le parti. Chi rifiuta la conciliazione potrebbe vedersi costretto a pagare, in caso di soccombenza, le spese del giudizio maggiorate del 50%. 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 19 Agosto 2021, 14:31
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