G7, costo energia e ambiente: braccio di ferro nell’Ue sul petrolio russi dietro al summit dei ministri

G7, costo energia e ambiente: il braccio di ferro nell’Ue sul petrolio russi dietro al summit dei ministri

di Gabriele Rosana

BRUXELLES - Le preoccupazioni per la guerra in Ucraina e i costi record dell’energia e la corsa a diversificare le forniture fossili per diventare autonomi da Mosca non devono frenare l’obiettivo di ridurre le emissioni e la decarbonizzazione dell’economia. Al G7 dei ministri dell’Ambiente e dell’Energia che si apre oggi a Berlino, sotto presidenza tedesca, i due temi saranno inevitabilmente intrecciati.

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La necessità di far fronte ai tagli delle forniture russe - che finora ha chiuso i rubinetti del gas diretto in Polonia, Bulgaria e Finlandia - senza ricorrere ai razionamenti per l’industria, ha portato ad aumentare nell’immediato la produzione di energia dalle centrali a carbone. La stessa Commissione europea, nel suo maxi-piano “RePowerEU” presentato appena una settimana fa, e con cui indica la via per azzerare le importazioni dalla Russia entro il 2027, se da una parte accelera per avere il 45% di rinnovabili nel mix energetico Ue entro la fine del decennio - puntando anzitutto sul solare -, dall’altra ha ammesso che almeno altri 44 terawatt di energia andranno prodotti dalle centrali a carbone nei prossimi 5-anni.

LE MISURE

Una misura che rischia di rallentare gli sforzi per raggiungere l’obiettivo emissioni zero al 2050. Trovare fonti fossili alternative per rimpiazzare le forniture russe non deve avvenire a discapito della lotta ai cambiamenti climatici e per la tutela dell’ambiente, ha dichiarato il ministro tedesco della Transizione ecologica Robert Habeck aprendo i lavori del G7; «semmai, si tratta di un primo fondamentale passo per abbandonare l’energia fossile». Per questo, «il G7 deve indicare la rotta e fare da pioniere nella messa a punto di una exit strategy per dire addio al carbone».

 



LE BOZZE

Secondo le bozze di conclusioni circolate alla vigilia - e che saranno adottate venerdì -, l’impegno sarebbe per chiudere le centrali a carbone entro il 2030, ma Giappone e Stati Uniti si oppongono all’individuazione di una data e potrebbero far deragliare il proposito.

Rinnovare l’intenzione dei Sette Grandi però non basta - aveva sottolineato alla vigilia del G7 il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani nella sua informativa in Parlamento -; «occorre un richiamo forte a tutti i grandi emettitori, specie quelli che sono membri del G20, a presentare nuovi obiettivi di riduzione».«Mi aspetto che riusciremo a trovare una quadra su come implementare la nostra agenda verde e, allo stesso tempo, stabilizzare i mercati globali dell’energia e mandare un chiaro messaggio alla Russia», ha detto la commissaria Ue all’Energia Kadri Simson.

IL RETROSCENA

Sullo sfondo della riunione, continua infatti il braccio di ferro nell’Unione europea sullo stop al petrolio russo: a quasi un mese dalla proposta da parte della Commissione, il sesto pacchetto di sanzioni non è stato ancora adottato, tenuto ostaggio dall’Ungheria che rimane il principale ostacolo all’unanimità. Budapest chiede maggiori compensazioni, se non una vera e propria esclusione degli oleodotti dal campo di applicazione del divieto, ma al tempo stesso che non si arrivi a una resa dei conti al summit dei leader della prossima settimana. Le preoccupazioni ungheresi sono «rilevanti e reali», ha commentato Habeck, e il Consiglio europeo potrebbe essere il momento della verità «per raggiungere l’intesa o decidere di intraprendere altre strade». Gabriele Rosana.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 26 Maggio 2022, 14:15
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