Ponte di Genova, Buia (Anche): «Modello che va bene solo per l'emergenza, non si può pensare di rinunciare alle gare»

Ponte di Genova, Buia (Anche): «Modello che va bene solo per l'emergenza, non si può pensare di rinunciare alle gare»

di Jacopo Orsini
«Il modello Genova va bene per Genova, per le situazioni di grande emergenza. Ma non si può derogare alle procedure di gara. Non sono quelle che rallentano la costruzione delle opere pubbliche». Gabriele Buia, presidente dell'Ance, l'associazione che riunisce i costruttori edili, giudica un successo la ricostruzione così rapida, avvenuta in 15 mesi, del ponte sul Polcevera ma non crede che il modello sia replicabile in Italia per le altre opere pubbliche in situazioni normali. «La memoria delle 43 persone morte nel crollo ci deve far ricordare che abbiamo la necessità di mettere in sicurezza tutto il patrimonio infrastrutturale italiano», premette Buia. «Abbiamo dimostrato che in Italia le imprese, se messe in condizioni di farlo e non oberate di adempimenti e burocrazia, sono capaci di lavorare come le altre imprese europee e mondiali, se non meglio. Ma il modello Genova non è replicabile».

Perché?
«Il progetto del ponte è stato regalato. Il conto non lo paga lo Stato ma Autostrade per l'Italia. Non sono quindi soldi pubblici. Il tracciato è rimasto lostesso e quindi non c'è stato bisogno di procedere con la Valutazione di impatto ambientale, che avrebbero portato via una enormità di tempo. Poi c'è stata una attenzione mediatica e istituzionale di tutti gli attori interessati perché chiaramente il ponte era un simbolo e c'era una città importante bloccata. E tutto quello che in Italia normalmente ha bisogno di tempi biblici grazie a questa attenzione è stato accelerato: permessi interventi, controlli, tutto facilitato. Un caso irreplicabile in Italia, normalmente non succede così».

Dove si rallenta di solito nella costruzione delle opere?
«Tutti i tempi a monte delle gare necessitano di anni, autorizzazioni continue, pareri che allungano tantissimo i tempi di costruzione. Quella di Genova è stata una procedura unica, grazie anche alla caparbietà del sindaco, che va bene però solo per una grande emergenza come il ponte crollato, una calamità naturale o un terremoto».

Quindi non sono le gare a rallentare i tempi?
«No assolutamente. Noi vogliamo le gare, siamo per il confronto e la concorrenza, secondo quanto previsto dalle leggi. A questo non siamo disposti a rinunciare. Sono tutte le procedure a monte che richiedono anni. L'Anas stessa dice che per le autorizzazioni di un nuovo progetto infrastrutturale strategico servono cinque anni. In condizioni normali il ponte di Genova sarebbe ancora nella fase di progettazione».

Il decreto semplificazioni appena varato dal governo non migliorerà le cose?
«Non c'è quello che servirebbe per accelerare nella costruzione delle opere. Non si è intervenuti su tutti i pareri richiesti agli enti appaltanti per chiudere la fase di progettazione. Ci sono delle norme che prese singolarmente sono dei miglioramenti ma la semplificazione che consenta di dire: i denari pubblici devono essere utilizzati in un arco prestabilito di anni non c'è. Non c'è stata la volontà di accelerare le procedure affinché gli stanziamenti dello Stato vengano utilizzati in poco tempo».

Se il modello Genova non è replicabile, cosa si può fare per sbloccare le opere in Italia.
«Prima di tutto è necessario semplificare le fasi autorizzative. Accorciare i tempi decisionali dei contratti di programma. E abbiamo anche chiesto che la procedura straordinaria dei commissari possa diventare una procedura ordinaria».

Che segnali si vedono nel settore delle costruzioni dopo il lockdown?
«Il lockdown ha bloccato il Paese e anche il mondo delle costruzioni. Il settore viene da dieci anni di lunghe sofferenze e il lockdown ha fermato anche la pubblica amministrazione con un calo del numero dei bandi. È necessario quindi che il governo finanzi direttamente tutti i progetti cantierabili pubblici già pronti e che non si riescono a finanziare perché i fondi vengono dirottati sulle esigenze di gestione quotidiana. Poi dobbiamo fare in modo che i soldi che arriveranno con il Recovery fund siano utilizzati rapidamente perché se continuiamo a mantenere le procedure a monte della gara così lunghe e farraginose rischiamo di non sfruttare i fondi europei».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 4 Agosto 2020, 11:29
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