Pensioni alte, tagli da giugno e prima rata degli arretrati

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di Luca Cifoni
Pensioni un po' più basse a giugno, ma in misura variabile in base all'importo dell'assegno. Con la rata in pagamento il prossimo mese l'Inps darà piena attuazione ad una serie di misure che erano state inserite nella Legge di Bilancio ma che poi non sono scattate immediatamente, anche a causa dell'approvazione del provvedimento a ridosso della fine dell'anno. La prima novità, che coinvolge un numero maggiore di trattamenti (per la precisione sono 5,6 milioni) è quella relativa alla perequazione, l'adeguamento delle pensioni al costo della vita. Quello applicato da gennaio in poi era un po' più generoso rispetto alla formula prevista con la manovra: in seguito l'istituto ha effettuato il ricalcolo e con la rata di aprile ha iniziato a liquidare le pensioni definitive, con piccole decurtazioni che per tutti coloro che percepiscono più di 1.520 euro lordi al mese (tre volte il trattamento minimo Inps, circa 1.200 netti).

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GLI EFFETTI
Ora a giugno vengono trattenuti gli importi in più corrisposti tra gennaio e marzo. Per la maggior parte degli interessati si tratta di somme molto basse, mentre per trattamenti di importo più elevato la differenza può essere significativa. Dal punto di vista dello Stato, l'operazione perequazione deve portare risparmi per 253 milioni quest'anno destinati a crescere a 742 il prossimo e poi a oltre 1,2 miliardi nel 2021. Il solo recupero degli arretrati ha un valore di circa 100 milioni, secondo calcoli fatti dai sindacati dei pensionati che naturalmente sono molto critici. «Lo avevamo denunciato da tempo e ora abbiamo la certezza: il governo beffa ancora milioni di pensionati riprendendosi i soldi che hanno avuto in più di rivalutazione nei mesi di gennaio, febbraio e marzo per un totale di 100 milioni di euro» ha osservato il segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti, aggiungendo che «ovviamente il tutto avverrà subito dopo le elezioni europee». «Il governo fa di nuovo cassa con i soldi dei pensionati, riprendendosi quanto dato loro con la rivalutazione delle pensioni dei primi tre mesi del 2019» ha sottolineato il segretario generale della Fnp Cisl, Gigi Bonfanti.

IL SECONDO CAPITOLO
Il secondo capitolo è quello delle pensioni alte. La sforbiciata doveva scattare il primo gennaio scorso per i cinque anni successivi ed è proporzionale all'assegno percepito. La riduzione, particolarmente cara alla parte della maggioranza legata al M5S, inizia dal 15% per la quota di assegni tra 100.000 e 130 mila euro fino ad arrivare al 40% per la quota eccedente oltre i 500 mila euro. Più nel dettaglio gli importi saranno ridotti del 15% per la quota di importo da 100.000 a 130.000 euro; del 25% per la quota di importo da 130.000 a 200.000 euro; del 30% per la quota di importo da 200.000 a 350.000 euro; del 35% per la quota di importo da 350.000 a 500.000 euro; del 40% per la quota di importo eccedente i 500.000 euro. Ai fini dell'individuazione dell'importo pensionistico complessivo superiore a 100.000 euro rilevano gli importi lordi su base annua di tutti i trattamenti pensionistici diretti a prescindere dal sistema di calcolo adottato per la liquidazione degli stessi. Non sono considerate le pensioni di invalidità e quelle riconosciute a vittime del dovere. Escluse anche le pensioni che risultano dall'opzione per il cumulo.

LA PARTENZA
Il taglio quindi parte effettivamente da giugno, sulle pensioni alte che a loro volta erano state adeguate all'inflazione da aprile. Ora è stata calcolata l'effettiva riduzione mensile, che si applicherà sulla prossima rata. Il conguaglio per il periodo gennaio-maggio sarà trattenuto in tre rate, dunque fino al mese di agosto. Il ricalcolo comporta anche la nuova definizione degli importi netti, una volta applicata l'Irpef: chiaramente l'effetto negativo viene attenuato rispetto alla decurtazione lorda, una parte della viene assorbita dal minor prelievo fiscale. Per quanto riguarda il bilancio pubblico, la valenza dell'intervento sui trattamenti alti è decisamente più limitata. Quelli coinvolti infatti sono appena 24 mila(di cui solo 23 superano il mezzo milione di euro l'anno). In termini netti, ovvero tenendo conto delle minori entrate fiscali, il beneficio per lo Stato è calcolato intorno agli 80 milioni di euro l'anno. Soldi che il vicepresidente del Consiglio avrebbe voluto destinare al sostengo dei trattamenti più bassi, ma che in realtà non hanno una specifica destinazione.
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Maggio 2019, 16:31
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