Mes, contraddizioni e silenzi nella verità di Conte

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di Andrea Bassi
La domanda centrale che ruota attorno al Mes è se il Parlamento italiano sia stato bypassato e se lo stesso faccia ancora in tempo a chiedere delle modifiche del testo. Lo schema di Trattato è stato chiuso, da un punto di vista tecnico, il 13 giugno scorso, quando ministro dell'Economia era Giovanni Tria. Il presidente Giuseppe Conte, insieme agli altri Capi di governo, ha raggiunto un accordo politico sul testo il 21 giugno. Tutto ruota attorno a quanto concordato a giugno. Ieri Conte ha rassicurato che l'11 dicembre, dopo il nuovo vertice europeo, riferirà di nuovo alle Camere e attenderà una «risoluzione» prima di pronunciarsi in sede europea sul Mes. Il punto è se la risoluzione del Parlamento potrà dare indicazioni puntuali di modifica del Trattato.

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Se questo insomma potrà essere modificato in base all'intervento del Parlamento italiano. Qualche giorno fa, ascoltato in Commissione, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri aveva detto, rispondendo proprio a una domanda sull'emendabilità del Mes che la sua valutazione propedenva per il no. «Il testo», aveva spiegato, «è stato chiuso. C'è un lavoro su aspetti esterni». Il Parlamento, insomma, potrà dare indicazioni a Conte, ma se queste si spingessero troppo in la, sarebbe comunque impossibile riaprire il testo. Le raccomandazioni finirebbero per essere un veto. Il Parlamento, per essere efficace, sarebbe dovuto intervenire prima di giugno. L'altro tema èla sostenibilità del debito e la ristrutturazione. Conte ha ribadito che non c'è «nessun automatismo». In realtà su come il Mes giudicherà la sostenibilità dei debiti pubblici si sa ancora poco. Il 7 novembre è stato approvato un documento di lavoro sui meccansimi di calcolo che saranno utilizzati, ma non è stato reso noto.
 


LE MODIFICHE
La firma sul Trattato sul Mes, l'ormai noto Meccanismo europeo di stabilità, in effetti ancora non c'è. È al momento prevista per febbraio. E tuttavia, nonostante l'11 dicembre il Parlamento italiano sia chiamato a esaminarlo, è nei fatti inemendabile. Perciò, essendo blindato dalle regole Ue, è come se il premier Conte nell'approvare il nuovo testo a giugno l'avesse firmato. Dunque, le Camere potranno solo accettarlo così com'è, o rigettarlo completamente. Tuttavia è giusto tra i parlamentari circola una domanda: davvero le regole Ue sono così rigide da impedire che il Parlamento di un Paese possa modificarlo? In teoria sì, ma nella pratica è quasi impossibile. Lo ha spiegato lo stesso ministro dell'Economia Roberto Gualtieri.


VINCITORI E VINTI
Durante la sua audizione nella Commissione finanze del Senato, il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri ha spiegato che la principale novità introdotta con le modifiche del Mes, è il meccanismo cosiddetto di «backstop» per le banche. Ossia la funzione di paracadute finale (backstop) del fondo di risoluzione unico delle banche (SRF). Si tratta di una linea di credito da 70 miliardi, a cui i Paesi potranno accedere qualora i loro fondi nazionali per le risoluzioni bancarie (risorse delle banche e non pubblici) non siano sufficienti. Le banche italiane in realtà si sono già ristrutturate con costi alti sia per i risparmiatori che per il sistema bancario che ha iniettato 12,5 miliardi nei salvataggi. Le nubi ora si addensano sulle banche tedesche.

I PATTI RISERVATI
Il Trattato del Mes è corredato da una serie di allegati tecnici di documenti di lavoro.
Di questi testi si discute meno che del Trattato stesso. Eppure sono rilevantissimi. Negli addendum, per esempio, è stabilito che un Paese in crisi per chiedere l'aiuto del Fondo salva Stati, deve rispettare i parametri del 60% del rapporto debito-Pil e del 3% del deficit. I contenuti di altri documenti allegati sono ancora sconosciuti. Durante la riunione europea del 7 novembre, per esempio, è stato esaminato un documento di lavoro per stabilire una «metodologia condivisa» per calcolare la sostenibilità dei debiti pubblici dei Paesi che partecipano al Mes. Una sorta di algoritmo che rischierebbe di far rientrare dalla finestra quello che è uscito dalla porta, ossia la predeterminazione della sostenibilità dei debiti.


I RISCHI SUL TAVOLO
Per lo stesso governo italiano, il Mes viene considerato il tassello di un disegno più ampio che ricomprende anche l'Unione bancaria. Roma, quando propone la riforma del settore delle banche, ha in mente una garanzia comune sui conti correnti dei cittadini europei. Berlino e i Paesi del Nord, prima di impegnare proprie risorse per ristorare eventuali perdite dei correntisti italiani, vogliono che le banche italiane riducano i propri rischi. In che modo? Siccome nella pancia degli istituti di credito del Paese ci sono circa 400 miliardi di Btp, vorrebbero che i titoli di Stato non fossero considerati a rischio zero. Ma se i titoli di Stato diventano rischiosi le banche dovrebbero accantonare dei soldi in bilancio per controbilanciare questi rischi. E il sistema bancario italiano rischierebbe di avvitarsi insieme allo stesso debito pubblico.

 
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Dicembre 2019, 11:00
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