Neogenitori costretti a lasciare il lavoro, mamme sempre più penalizzate: nel 77% dei casi sono le donne a dimettersi

Neogenitori costretti a lasciare il lavoro, mamme sempre più penalizzate: nel 77% dei casi sono le donne a dimettersi

di Domenico Zurlo

Nell'anno segnato dalla pandemia di coronavirus scende il numero dei neogenitori che lasciano il lavoro, ma il fenomeno si conferma sempre più riservato quasi esclusivamente alle donne. Il rapporto dell'Ispettorato nazionale del lavoro, riferito al 2020 fotografa una realtà molto diversa rispetto al 2019: nello scorso anno solare sono stati 42mila i genitori di bambini da zero a tre anni a dare le dimissioni dal proprio impiego, un calo di quasi il 18% rispetto all'ultimo anno pre-pandemia. Le cessazioni da rapporto di lavoro complessive nel 2020 sono state oltre 9 milioni, con un calo del 17,7% rispetto al 2019: la motivazione prevalente è la scadenza del contratto, che coinvolge oltre 6 milioni di rapporti (-17,6%).

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Le cessazioni richieste dal lavoratore, comprese le dimissioni, sono state 1,5 milioni (-15,1%). Oltre il 92% riguarda lavoratori inquadrati come operai o impiegati, con un'età tra i 29 e i 44 anni, e nell'88% dei casi la decisione è presa nei primi 10 anni di servizio. Il fenomeno, come detto, riguarda in gran parte le madri: le donne sono infatti il 77% del totale, ma nel 2020 a diminuire sono state soprattutto le dimissioni dei papà (-31,1%) rispetto a quelle delle mamme (-13,6%).


Il Rapporto Inl evidenzia inoltre come in presenza di figli la partecipazione all'occupazione aumenti negli uomini e si riduca nelle donne: una dinamica che non vede differenziazioni a livello territoriale e che ha valori più elevati tra i 25 e i 34 anni. La motivazione più frequente è la difficoltà di conciliazione del lavoro con le esigenze di cura dei figli: sul totale di chi si dimette il 61% ha un figlio, il 32% due figli e il 7% più di due, e l'età che più incide è fino a un anno, poiché prevale l'esigenza di primo accudimento. «Esiste una profonda differenza di genere - scrive l'Istituto - in quanto la difficoltà di esercizio della genitorialità in maniera compatibile con la propria occupazione è quasi esclusivamente femminile.

Le segnalazioni di difficoltà di conciliazione per ragioni legate ai servizi di cura o ragioni legate all'organizzazione del lavoro, infatti, riguardano donne in una percentuale tra il 96% e il 98%».


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Ultimo aggiornamento: Giovedì 23 Settembre 2021, 08:44
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