Irpef, trappola nella busta paga di 900 mila lavoratori

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di Luca Cifoni
Sarà nella prossima legge di Bilancio il primo pezzo della riforma fiscale. L’emergenza coronavirus ha sconvolto anche il programma di riassetto del sistema tributario, che nelle intenzioni del governo avrebbe dovuto prendere forma questa estate con lo strumento classico della legge delega, seguita dai relativi decreti delegati. Ora la situazione è cambiata e l’esecutivo, dopo aver approvato provvedimenti emergenziali per complessivi 75 miliardi di maggior deficit, sta riaprendo il cantiere fisco. Ma le prossime mosse sono inevitabilmente condizionate da quelle fatte in precedenza, ed in particolare dall’intervento di alleggerimento del “cuneo fiscale” che scatta il primo luglio. Quel provvedimento si compone di due parti: un ampliamento dell’attuale bonus 80 euro, che sale a 100 per una platea più ampia di contribuenti con reddito da lavoro dipendente, e una ulteriore detrazione d’imposta, decrescente, a beneficio dei redditi tra 28 mila e 40 mila euro l’anno.

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Il punto è che mentre il primo correttivo all’attuale assetto dell’imposta è strutturale, valido anche per gli anni successivi, il secondo formalmente è in vigore solo per il secondo semestre di quest’anno. Sul piano politico c’è l’impegno del governo a intervenire, ma con le norme in vigore la situazione presenta aspetti paradossali, evidenziati anche dalla Banca d’Italia nella Relazione presentata venerdì. Per comprendere cosa succederebbe bisogna fare riferimento al concetto di aliquota marginale effettiva, ovvero l’impatto di un eventuale aumento del reddito in termini di imposte, contributi e perdita di trasferimenti monetari. Già prima delle novità le aliquote marginali effettive erano molto alte per determinate fasce di lavoratori, soprattutto a causa del decalage del bonus 80 euro. Con il nuovo assetto l’aliquota marginale arriva a superare il 100%, con l’effetto paradossale che per circa 900 mila lavoratori che guadagnano tra 28 mila e 30 mila euro l’anno nel 2021 sarebbe conveniente ridurre il reddito imponibile per aumentare quello netto.

Ad esempio - è la simulazione dagli economisti di Via Nazionale - per un lavoratore privo di familiari a carico e senza altre detrazioni un aumento di un solo euro da 28.000 a 28.001 euro farebbe calare il reddito disponibile da circa 22.600 a 21.400 euro. Per riportarlo a un livello di 22.600 euro, lo stesso lavoratore dovrebbe incrementare il proprio reddito lordo fino a circa 30.140 euro. Per correggere questa situazione, l’opzione più immediata è confermare anche dopo il 2020 la detrazione aggiuntiva: il costo per lo Stato in termini di minori entrate sarebbe di poco più di 3 miliardi. 

Intanto ieri il Mef ha diffuso i dati sul fabbisogno statale di maggio, volato a 25,5 miliardi per i minori incassi fiscali e l’erogazioni delle indennità da parte dell’Inps.
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 15 Febbraio 2023, 01:12
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