Influencer, nasce il primo sindacato italiano: «Altro che ricchi, siamo iper-precari e in balia delle piattaforme»

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di L.Ram.

Quando si dice influencer il primo pensiero è Chiara Ferragni: guadagni stratosferici sui social grazie a pubblicità e co-branding. Discorso simile per i cosiddetti “streamer pro-player”, i fenomeni dei videogame che giocano di fronte a una webcam con centinaia di migliaia di follower che li guardano. Ma questa è solo la punta di un iceberg, fatto di migliaia di giovani che sempre più, anche in Italia, provano a vivere di streaming e contenuti online, tra guadagni modesti e prospettive incerte. È per tutelarli che una decina di ragazzi ha creato il primo sindacato nazionale per influencer e content creator, il Siicc, in collaborazione con l'associazione promotrice, l'Asnali, che fornisce servizi e assistenza a imprese e lavoratori autonomi.

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Sindacato di streamer e influencer, obiettivo: riconoscimento

«Vogliamo rappresentare chi lavora su Youtube, Instagram, Tik Tok e Twitch- spiega a Il Messaggero Edoardo Leoni, 29enne coordinatore nazionale del sindacato- e far capire che il nostro è un lavoro, che richiede preparazione, studio e impegno quotidiani, come per attori, artisti e presentatori in tv. Il primo obiettivo, quindi, è creare un codice Ateco ad hoc per le nostre partite Iva».

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Un modo per contare quante sono le persone che lavorano a tempo pieno o arrotondano in questo modo, ma anche una garanzia. «Senza codice ci sono ragazzi che non riescono ad accedere a un mutuo in banca, perché faticano a dimostrare la loro occupazione» racconta Leoni. Oggi in Italia i grandi che guadagnano tanto sono un centinaio per ogni social, poi c'è un mare magnum di piccoli e medi. Soprattutto su Twitch, la piattaforma di livestreaming creata nel 2011 per il gaming, acquistata per quasi 1 miliardo di dollari da Amazon e diventata una vera e propria new television.

Ogni mese si connettono 4 milioni di italiani, per lo più appartenenti alla cosiddetta “generazione Z”, che oltre ai videogiochi possono scegliere tra format di intrattenimento e cucina, performance artistiche, sfilate, dirette “hot” e perfino salotti di politica. Tra gli streamer sono migliaia coloro che oscillano tra gli 800 e i 3000 euro lordi di “stipendio” mensile, mentre il numero di chi tenta la fortuna rimanendo sotto queste cifre è inquantificabile.

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La battaglia con i big del web

I soldi, per chi non ha i numeri per partnership blasonate o il talento per vincere i montepremi dei tornei internazionali dei videogiochi, arrivano con pubblicità automatiche e sottoscrizioni. Ma per entrambi, ci spiega Leoni, «le piattaforme come Amazon possono fare come vogliono, senza consultarci». L'ultimo esempio ad agosto, quando ogni abbonamento mensile degli utenti è passato da 4.99 euro a 3.99, tagliando i ricavi per gli streamer. Non solo: Twitch ti può “bannare”, cioè sospendere il tuo account in caso di diffusione di contenuti immorali, che a volte però sono quantomeno discutibili.

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«Siamo iper-precari – chiosa Leoni – per questo dobbiamo fare squadra e parlare con una voce unica alle piattaforme. Come sindacato vogliamo organizzare eventi con le università per insegnare agli aspiranti streamer come muoversi a livello fiscale. Ma cercheremo anche partnership con le aziende, ad esempio del food, per garantire sponsorizzazioni a ogni associato, dando a tutti le possibilità economiche per avviare le loro iniziative».

Diversi big non si esprimono. «Qualcuno non lo sa, qualcuno è diffidente- conclude il coordinatore – ma dopo anni in cui se ne parlava finalmente c'è un sindacato, democratico e senza fine di lucro. Con noi abbiamo streamer noti e tanti altri si aggiungeranno».


Ultimo aggiornamento: Giovedì 30 Settembre 2021, 13:18
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