Gas, Bernabè (Acciaieria d'Italia): «Alla fine Putin perderà e l'Europa sarà più forte, ecco perché»

"Sanzioni inevitabili, ma fanno molto più male a loro"

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di Giusy Franzese

Una constatazione: «Dobbiamo mettere a punto un piano energetico serio, realistico ed incisivo. Un piano a lungo termine. Non c'è più tempo da perdere». E due messaggi che - nella situazione data - potremmo definire rassicuranti. Il primo: «L'industria italiana ha le idee chiare e le soluzioni sul come affrontare la transizione. Deve però essere messa nelle condizioni giuste per operare». Il secondo: «Tra due-tre anni il prezzo del gas crollerà». In quanto presidente di Acciaieria d'Italia (ex Ilva) Franco Bernabè conosce bene i problemi delle aziende energivore, in questa intervista però esprime le sue opinioni come esperto del settore energia (tra i ruoli ricoperti è stato amministratore delegato Eni per sei anni). É tra i relatori del convegno dei Cavalieri del Lavoro che si tiene oggi a Roma sul tema tecnologia e innovazione per una transizione energetica. Un convegno - sottolinea - che «dimostra l'attenzione che l'industria italiana porta nei confronti delle problematiche della transizione energetica».

Prendiamo per buona la sua previsione: tra due-tre anni il prezzo del gas crollerà. Nel frattempo però questi anni come li attraversiamo?
«Infatti, ci dobbiamo arrivare. E ci dobbiamo arrivare vivi o quantomeno non moribondi».

Ci aspettano grandi sacrifici?
«I sacrifici sono inevitabili. Non ci sono alternative. E quindi considero ovvio che - chiunque ci governerà - dovrà continuare a sostenere famiglie e imprese in questo percorso».

Il governo Draghi per gli aiuti contro il caro-energia ha messo nel piatto circa 60 miliardi di euro. Le spalle degli italiani, già curve sotto il peso dell'enorme debito pubblico, riusciranno a sostenere ulteriori sforzi e pesi?
«Dobbiamo partire da una premessa: siamo in guerra, non in una situazione normale. In un contesto del genere il sostegno ai redditi è assolutamente fondamentale. Non ci sono alternative. E comunque anche le spalle dei nostri principali partner europei, penso a Francia e Germania, pur se per motivi diversi rispetto al peso del debito pubblico, non è che sono così leggere. Accanto ai sostegni poi è necessario da un lato che i cittadini facciano la loro parte, risparmiando energia, dall'altro che il governo continui a lavorare senza sosta su un piano di diversificazione delle fonti energetiche».

Alcuni adesso sostengono che l'emergenza energia è l'effetto delle sanzioni alla Russia. Senza le sanzioni Putin non avrebbe chiuso i rubinetti del suo gas verso l'Europa.
«Le sanzioni sono la risposta all'aggressione della Russia di Putin contro l'Europa».

Vuol dire l'Ucraina?
«No, voglio dire proprio l'Europa.

Prima ancora di invadere l'Ucraina, Putin ha innestato la crisi energetica riducendo la quantità di gas venduta in Europa e provocando così la diminuzione degli stoccaggi e l'aumento dei prezzi. Lo ha fatto già a metà del 21. E' stata una vera e propria aggressione contro l'Europa. Che, giustamente, ha reagito a questo ricatto».

Però le sanzioni stanno facendo molto male anche a noi.
«Si è vero, l'Europa ha di fronte a sé grandi sacrifici. Putin, chiudendo i rubinetti del gas, ci sta facendo male, ma ne fa infinitamente di più ai suoi concittadini, visto che l'export di energia è la principale fonte di entrate della Russia. Sono convinto: noi alla fine ce la faremo e ne usciremo più forti. Loro non lo so, di certo hanno un problema colossale».

Quindi, quando Putin dice che per loro non c'è problema perché venderanno il gas alla Cina, sta bluffando?
«Per portare il gas russo in Cina servono infrastrutture complesse e costose. Ci vorranno almeno quindici anni per realizzarle».

Tetto al prezzo del gas e disaccoppiamento delle quotazioni gas e energia: sono queste le soluzioni per l' Europa?
«Bisogna evitare interventi dettati solo dall'emergenza e sviluppare soluzioni che salvaguardino i benefici di cui abbiamo goduto per vent'anni con prezzi dell'energia bassi e stabili. Una strada è quella di dare più spazio a contratti di lungo periodo per le rinnovabili, limitando nello stesso tempo il ruolo del mercato spot del gas»

Perché tanti tentennamenti nell'Ue?
«Non c'è ancora la completa consapevolezza della serietà della situazione. Il gas russo non tornerà e i tempi per la transizione e diversificazione sono lunghi. L'Europa, rinunciando nel passato ad avere un'autonomia energetica, ha commesso un enorme errore. Si è illusa che il mondo fosse pacificato per sempre. La sicurezza degli approvvigionamenti non è stata più una priorità. E nel tempo si è messo in atto un colpevole decentramento della capacità produttiva. Ora bisogna riparare. E occorre iniziare presto, perché i tempi e i processi della transizione sono molto lunghi».

A proposito di decentramento, in questo periodo in Italia le famiglie che vogliono installare pannelli fotovoltaici - ormai prodotti soprattutto in Cina - hanno difficoltà a trovarli. Anche questa è la dimostrazione di quanto siamo stati miopi?
«Purtroppo si. Abbiamo decentrato tutto alla Cina. Che oggi ha la metà della capacità di fotovoltaico installato al mondo e sta dedicando risorse enormi sulla transizione energetica e sulle rinnovabili. Con una strategia del doppio binario, la Cina continua a sviluppare anche le fonti fossili. In Italia, da quando sono cessati gli incentivi, sulle rinnovabili non si è fatto più nulla. E nel frattempo abbiamo smesso di estrarre gas. Anzi, peggio: da circa 25 anni non facciamo più nemmeno esplorazione, e così forse abbiamo un tesoro al largo delle nostre coste ma non lo sappiamo».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 24 Febbraio 2023, 12:08
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