Fase 2 e riapertura totale: il report che ha convinto Conte a frenare
Una riapertura totale porterebbe ad un veloce collasso delle terapie intensive con una stima di 151 mila ricoveri già a giugno. Ciò consapevoli del fatto che anche un minimo aumento dell'indice di contagio R0 sopra il valore 1 "avrebbe un impatto notevole sul Sistema sanitario nazionale" e che, dunque, "è evidente che lo spazio di manovra sulle riaperture non è molto". E' quanto si legge nella relazione tecnica consegnata al governo, Istituto superiore di sanità e Comitato tecnico-scientifico Cts mettendo in guardia dai rischi e delineando vari possibili scenari per la fase 2. Nel peggiore di questi scenari si prevede che a fronte di una riapertura delle attività quasi generalizzata, incluse le scuole, l'indice di contagio R0 tornerebbe a posizionarsi sopra il valore 2 e le terapie intensive raggiungerebbero la saturazione entro poco più di un mese, l'8 giugno. I numeri dei ricoveri nelle rianimazioni tornerebbero cioè ad essere insostenibili. Uno scenario da evitare a tutti i costi.
Da qui la strategia: sperimentare per 14 giorni le misure di riapertura parziale che saranno avviate dal 4 maggio per alcuni settori lavorativi e monitorare, lasciando sul tavolo la possibilità di fare velocemente marcia indietro in base alla curva dei contagi.
Riaprire sì, ma con prudenza e senza vanificare quanto fatto finora, sottolinea il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio: "Sfido chiunque ad avere un documento del comitato tecnico scientifico secondo cui in caso di riapertura totale avremmo rischiato 151mila ricoveri in terapia intensiva e volere la riapertura totale", ha affermato.
La partita è ancora delicatissima. Da qui la raccomandazione degli scienziati di adottare un "approccio a passi progressivi", puntando molto anche sui comportamenti individuali: "L'utilizzo diffuso di misure di precauzione (mascherine, igiene delle mani, distanziamento sociale), il rafforzamento delle attività di tracciamento del contatto e l'ulteriore aumento di consapevolezza dei rischi epidemici nella popolazione - affermano infatti gli esperti - potrebbero congiuntamente ridurre in modo sufficiente i rischi di trasmissione" del coronavirus. La parola d'ordine, almeno da parte della scienza, è dunque 'prudenza'.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 29 Aprile 2020, 08:15
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