Lockdown, mossa di bar e ristoranti: carte agli avvocati per i danni causati dal procurato allarme

La mossa di bar e ristoranti: carte agli avvocati per i danni causati dal procurato allarme

di Camilla Mozzetti
Non ci sono solo i ristoratori, i commercianti e gli albergatori delle isole Eolie pronti a istituire una class action per chiedere al governo il risarcimento dei danni provocati dal lockdown. Anche la Fipe-Confcommercio, l'associazione che rappresenta più di 350 mila imprese legate alla ristorazione e alla somministrazione (bar e ristoranti in particolare), si sta muovendo in vista di settembre per valutare possibili azioni risarcitorie da intentare contro palazzo Chigi. «Siamo oggetto di ogni speculazione lecita ed illecita - spiega Aldo Cursano, vicepresidente vicario della Fipe nazionale - perché siamo fragilissimi soprattutto al Sud Italia. Le nostre imprese si fondano sul lavoro e quando questo si ferma se non c'è un sistema di protezione sociale e un sistema valido di rilancio dei consumi non è possibile ripartire». In questi giorni, anche a fronte di quanto emerso dai verbali del Comitato tecnico scientifico e dai suggerimenti lanciati al governo lo scorso marzo per adottare una graduale politica di chiusure, proprio la Fipe ha dato mandato ai suoi legali «di studiare bene le carte - prosegue Cursano - per capire se ci sono le condizioni giuridiche per una eventuale class action, un'azione di risarcimento danni per procurato allarme in quanto alcune Regioni hanno pagato un rischio spropositato dal momento che in molte zone del Sud non solo non c'era l'elemento del rischio ma poiché l'economia si basa principalmente sul turismo è stato impossibile andare avanti».

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LE PERDITE
A conti fatti, nel comparto della ristorazione e in quello della pubblica somministrazione sono impiegate su scala nazionale «Un milione e 200 mila lavoratori - conclude Cursano - per oltre 350 mila imprese». Di queste un 30% almeno si concentra nel Sud del Paese. Ma sotto il lockdown, contagi o non contagi, l'intero sistema si è bloccato. «Molte realtà ricadenti in zone turistiche note - aggiunge Nicola Pertuso, presidente della Fipe-Confcommercio Bari - come Salento, Gargano e costa Ionica a metà luglio hanno registrato un calo tra il 30 e il 40% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno». Centinaia di migliaia di euro di mancati incassi in sostanza. Tant'è vero che la giunta regionale della Puglia ieri ha stanziato 50 milioni di euro a fondo perduto per le imprese che durante il lockdown hanno dovuto affrontare il crollo di domanda e fatturati.

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«Ero profondamente convinto che non si potesse chiudere l'intero Mezzogiorno - conclude Pertuso - quando i problemi erano concentrati al Nord Italia, non c'erano i numeri per creare allarmismo che invece è stato giustificato con l'assenza di posti letto ospedalieri. È lodevole l'iniziativa del ministro Bellanova di fare acquistare ai ristoratori italiani il made in Italy ma il pacchetto parlava di sostegni per un miliardo di euro e ora il finanziamento è sceso a circa 600 mila euro. Avremmo potuto lavorare e non ci è stato permesso». Motivo per cui ora si studiano le possibili iniziative da intraprendere in vista del futuro anche perché le associazioni di categoria stimano perdite a sei cifre negli incassi da marzo a giugno a fronte di un'emergenza sanitaria diversificata. La deadline è fissata a settembre quando le Regioni del Mezzogiorno faranno i conti su quanto recuperato in queste settimane estive anche se le previsioni parlano chiaro: neanche la struttura ricettiva o il ristorante che ha sempre lavorato negli ultimi due mesi riuscirà a colmare il gap del lockdown in un contesto, come appunto il Sud del Paese, dove le Regioni avevano già da recuperare già 15 punti percentuali di Pil rispetto al 2007 a fronte di Regioni del Nord chiamate invece a colmare 7 punti percentuali.
 
 

 
Ultimo aggiornamento: Domenica 9 Agosto 2020, 13:00
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