Venere è una poco seria

Venere è una poco seria

di Alberto Mattiacci

È un po’ che la Venere di Botticelli passa i suoi guai. La Ferragni si fece un selfie di fronte a lei (orrore!), postandolo (scandalo!), addirittura pagata per farlo (vergogna!) da un brand del lusso, oltretutto straniero (tradimento!). Giorni fa, poi, si è saputo che era stata scelta come protagonista di una campagna di comunicazione. Scopo: invogliare qualche miliardo di persone sparse nel mondo, a venire a spendere i propri soldi qui da noi. Giù critiche. Giuste? Forse. Togliamo di mezzo l’estetica: piace o meno è soggettivo e non opinabile. È efficace? Cioè è in grado di raggiungere lo scopo per cui è stata concepita? Capiamo.

Innanzitutto conosciamo solo il 50% della campagna, ovvero la “creatività” (le varie immagini della Venere).

Ignoriamo l’altro 50%: il “piano mezzi”, cioè, come, dove, quando, per quanto tempo, quelle creatività saranno esposte all’attenzione delle persone di 33 paesi. Ignoriamo anche a chi, in quei paesi, ci si rivolgerà: giovani? Madri? Con quale fine? Boh. Ignoriamo anche i presupposti conoscitivi (si dice “insight”) in base ai quali il creativo ha lavorato: non possiamo perciò valutare se ricorrere a stereotipi e immagini arcinote sull’Italia sia utile. Se la campagna sarà efficace o meno lo scopriremo, a condizione che siano stati stanziati dei soldi per misurarne l’impatto (ne dubito). Quel che vediamo ci dice che si è fatta notare dagli italiani social, e non è detto che con appena 9 milioni per 33 paesi riuscirà a farlo dagli stranieri


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 3 Maggio 2023, 10:10
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