"Povera" Juventus

"Povera" Juventus

di Alberto Mattiacci
Centodue miliardi di euro, circa il 3,4% del PIL italiano. È lo “sport business” italiano (lo dice una banca in un rapporto di qualche giorno fa). Questo mucchio di soldi è fatto da circa 405mila addetti che operano all’interno di 67mila società sportive, 10mila imprese produttrici, 9.500 società di gestione impianti e 50 tra società editoriali e di scommesse. 
Quei soldi vengono da: uso del patrimonio (es. affitto campi), attività (es. gare), turismo, diritti media, giochi, eccetera. Insomma, lo sport -come l’arte- è oggi un “business”: un’attività umana i cui risvolti economici sono divenuti tanto importanti da sovrastare tutti gli altri. Ed è in crescita.
La storia dello sport si intreccia con quella umana: da sempre ha grandi campioni (es. Milone), eventi (es. Giochi Olimpici), grande seguito popolare. La scala di tutto ciò, però, ha oggi assunto valori enormi -complice la dimensione globale assunta dall’intrattenimento e la digitalizzazione. Esempi? I dieci sportivi più ricchi al mondo, da soli, posseggono un patrimonio personale pari a circa il 15% del valore di tutto lo sport business italiano; un solo mondiale di calcio (il Qatar) ha movimentato affari per circa 12 miliardi di dollari; i soli diritti televisivi del football USA, di qui al 2032, valgono il 20% in più dell’intero sport business italiano; una sola squadra di calcio può valere miliardi di euro (es. Real Madrid circa 5). 
Alla luce di tutto ciò la Juventus, coi suoi supposti trucchetti contabili, fa quasi tenerezza.
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 17 Maggio 2023, 07:20
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