Penso, dico, faccio. La pubblicità, alle volte, insegna a riflettere

Penso, dico, faccio. La pubblicità, alle volte, insegna a riflettere

di Alberto Mattiacci
Alle volte la pubblicità insegna a riflettere. Vi suona incredibile? Leggete un po’ questa, allora.
Come gli artisti, i creativi pubblicitari intuiscono delle onde che montano, dei sentieri che forse tutti noi percorreremo, e ne fanno il tema conduttore delle loro campagne. Tirano giù dei pezzi di realtà, insomma, che ancora non sono generalizzati, universalmente accettati e intesi ma che con qualche probabilità si affermeranno in futuro. Spesso ci azzeccano.
Come fanno? Un po’ è talento naturale, qualcosa cioè che non si impara ma, al massimo, si allena (es. Maradona). Un po’ è una certa curiosità verso la vita, che li rende (se non addirittura, colti) ben informati su ciò che accade. Molto, la maggior parte del merito, però, va al metodo.
Eccone uno. Dice: non fidarti di ciò che le persone dicono. Un grande pubblicitario del passato, David Ogilvy, amava infatti dire: «le persone non pensano ciò che dicono, non dicono ciò che pensano e non fanno ciò che dicono». 
Pensiamo ai consumi e, per esempio, ai “consumi sostenibili”, quei comportamenti di acquisto, cioè, che privilegiano i marchi a ridotto impatto ambientale. Le persone (7 su 10 sostiene Deloitte) dicono di preferirli ma poi non li acquistano, se non in minoranza (circa 3 su 10, stando ai dati panel). 
Traduciamo: “le persone non pensano davvero che la sostenibilità sia cruciale, non dicono di pensarlo (sarebbe “politicamente scorretto” no?) ma si comportano coerentemente al loro pensiero”.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 1 Marzo 2023, 10:26
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