Alberto Mattiacci su Leggo: «Cosa significa Economia di Guerra? Scegliere tra cannoni e burro»

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di Alberto Mattiacci

Molti giornalisti e politici sembrano essersi appassionati, in questi giorni, all'espressione “economia di guerra.
La prima notizia è che dovrebbe esistere anche una economia di pace - che, intendiamoci - non implica non produrre armamenti. L'Italia, infatti, ne esporta per un valore di circa 4 miliardi di euro (dati ufficiali del 2020).


Un manuale di economia fra i più letti al mondo la spiegava con un dilemma: burro o cannoni? L'economia, diceva, si occupa di utilizzare al meglio delle risorse scarse fra usi alternativi. Il meglio significa due cose: (I) in modo efficiente, ovvero ottenendo il massimo risultato possibile con il minimo sforzo; (II) in modo efficace, cioè raggiungendo gli obiettivi prefissi-supposti accettati dalla collettività intera.


Quindi l'economia è di pace o guerra a seconda degli obiettivi che i popoli si danno e delle conseguenti scelte di utilizzo delle risorse (scarse) a disposizione.

Se si va alla guerra, si rinuncerà a certe cose, se si vive in pace, si dedicherà alla difesa il minimo necessario.


Evidente che i nostri eroi non pensino a tutto ciò, dicendo economia di guerra quanto piuttosto al rischio che vengano a scarseggiare certi beni e che i prezzi di molti altri possano salire alle stelle, come conseguenza -in entrambi i casi- del conflitto bellico.


Economia di guerra, però, non significa file ai benzinai e scaffali della farina deserti ma cannoni al posto del burro. Molto ma molto peggio, insomma.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 16 Marzo 2022, 13:04
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