L'Ucraina dista circa 2400 kilometri dall'Italia. Un tempo non molto lontano, diciamo 50 anni fa, una tale distanza avrebbe issato una barriera insormontabile fra quel che accade laggiù e la vita degli italiani. Oggi no.
In realtà un'avvisaglia (e che avvisaglia!) vi fu 30 anni fa: l'incidente di Chernobyl, infatti, arrivò, via aria, sulle nostre tavole. Il vento, che se ne infischia dei confini, portò chissà quante sostanze nocive sopra le nostre coltivazioni; l'acqua piovana fece il resto, facendole filtrare fin dentro le falde acquifere, contaminando terreni e radici -con effetti ancora perduranti. Il fatto che non se ne parli non significa che non vi siano. Il Cesio, per dire, si riassorbe in decenni: ne abbiamo ricevuto molto da quell'incidente e non senza impatto sulla salute.
Se ieri erano le conseguenze sanitarie a preoccupare, oggi sono quelle economiche. In un mondo che si è dato una forma differente, che intreccia paesi lontani e vicini in un medesimo reticolato economico, le distanze in kilometri sono irrilevanti. Perciò quello shock colpisce direttamente l'economia italiana. Dove? Al cuore: rischiamo la stagflazione, ovvero alta inflazione e bassa crescita. Se l'economia non cresce avremo meno soldi in tasca e l'inflazione ne abbasserà il potere di acquistare beni e servizi.
In breve, se questo scenario dovesse avverarsi e durare, ci impoveriremo.
Morale: oggi come ieri, quel che accade in Ucraina condiziona la vita qui - direttamente e non per poco tempo.
Ultimo aggiornamento: Lunedì 20 Giugno 2022, 14:29
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