Si parla molto delle cryptovalute. Anzi, capita di incontrare qualcuno che vanti un cugino, il figlio del commercialista, un tizio conosciuto in Grecia, qualcuno di più o meno prossimo, insomma, che con le cryptovalute ci si è comprato casa, oppure ha fatto I soldi veri, o ancora ha smesso di lavorare, ora investe in Startup. E noi, invece, quaggiù, a lavorare per uno stipendio, sentendoci improvvisamente un po' stupidi e/o sfigati perché non stiamo salendo sul treno della ricchezza facile. Un treno che, oggi, si chiamerebbe cryptovaluta e che in sostanza è un gettone virtuale. Il meccanismo di questi gettoni è chiaro: puntare a rivenderli domani a un prezzo molto maggiore di quello che si paga oggi. Si chiama speculazione: non è reato, per carità - sebbene spesso si sia pronti a condannare chi la persegue (quando non siamo noi, ovvio). Nelle cryptovalute, come in ogni speculazione, c'è dunque il tema del momento giusto: capire il quando comprare e vendere. E qui la memoria va alle catene di Sant'Antonio che ogni tanto giravano fra conoscenti e amici - variamente denominate (multilivello, piramidale eccetera). Lì entravi con un po' di soldi. Poi, la promessa era che, grazie a un meccanismo matematico (che nessuno capiva bene, in realtà), ne avresti incassati molti di più. Da chi? Da quelli - gonzi, loro - che sarebbero entrati nel giro dopo di te - ganzo invece, te -, collocandosi lungo quella catena di cui, entrando, eri il primo anello. A buon intenditor
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 16 Novembre 2022, 17:43
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